
La sentenza del Tar ha destato scalpore
Pisa 8 gennaio 2015 - La commissione esaminatrice di un concorso pubblico può limitarsi ad attribuire un voto numerico a una prova, senza bisogno di fornire ulteriori motivazioni. E, come se non bastasse, non esiste alcun obbligo di verbalizzare i quesiti e le risposte forniti dai candidati all’orale. Oltretutto, la conoscenza personale o l’instaurazione di rapporti lavorativi ed accademici tra candidato e commissario non sono di per sé motivi di astensione di quest’ultimo. Sono queste le motivazioni con cui la prima sezione del Tribunale amministrativo regionale della Toscana, composta dal presidente Armando Pozzi e dai consiglieri Bernardo Massari e Pierpaolo Grauso, ha respinto il ricorso con richiesta di sospensiva presentato da Claire Jeanne Vovelle, assistita dall’avvocato Danilo Ferrante, contro l’Università di Pisa.
Il Tar l’ha condannata anche a pagare mille euro, relativi alle spese di giudizio. Vovelle, laureata in letteratura italiana all’Università della Provenza e diplomata in traduzione alla scuola di Ginevra, ha partecipato a una selezione, per titoli ed esame, indetta dall’Università di Pisa per la nomina di un collaboratore ed esperto linguistico. Così ha presentato la domanda. La ricercatrice vanta un curriculum non certo di basso livello: dopo aver conseguito in Francia un dottorato di ricerca in letteratura italiana, ha lavorato negli atenei di Urbino e di Pisa, svolgendo anche un periodo di docenza alla Sis, la scuola di specializzazione per l’insegnamento. Ha collaborato con case editrici di primo piano, come Mondadori, Laterza ed Electa. In sede di valutazione dei titoli, Vovelle ha ottenuto un punteggio di 20,87, superiore a quello di tutti gli altri partecipanti.
Ammessa a sostenere il colloquio orale, la candidata ha registrato un giudizio di sufficiente, ottenendo 43 punti e arrivando decima su undici. «La prova orale – si legge nel ricorso presentato dall’avvocato Ferrante – consisteva in un commento di un testo di lingua francese da vari punti di vista, al fine di accertare le competenze linguistiche e quelle didattiche. Durante la prova sostenuta dalla ricorrente, nulla lasciava presagire tale valutazione di semplice sufficienza, del tutto discordante dai titoli della candidata».
Nel ricorso, il legale di Vovelle contesta il fatto che «la commissione, contrariamente a ogni esigenza di trasparenza dell’azione della pubblica amministrazione, abbia verbalizzato solamente i giudizi sintetici per tutti i candidati che hanno riportato una valutazione almeno sufficiente e due di poche parole per altrettante candidate che hanno riportato un giudizio insufficiente». Ferrante osserva inoltre «che un’adeguata verbalizzazione sarebbe stata, oltre che doverosa, certamente agevole, visto il numero non elevato di candidati presentati».Il ricorso parla anche di «eccesso di potere per disparità di trattamento tra i candidati».
Secondo l’avvocato di Vovelle, «a una delle partecipanti, all’inizio del colloquio orale, non è stato richiesto il documento di identità, perché conosciuta molto bene da un docente universitario della commissione, come il medesimo ha tenuto a dichiarare. Tale condotta risulta sintomatica di una disparità di trattamento, consistente nel far sentire la persona maggiormente a suo agio rispetto agli altri candidati». Ferrante, oltre alla sospensione del provvedimento che decreta il vincitore della selezione, aveva chiesto anche che la sua assistita fosse risarcita con mille euro al mese relativi al periodo tra il 31 luglio e la pubblicazione della graduatoria». Ma il Tar ha deciso di rigettare la richiesta presentata dalla ricercatrice.