Stop alla violenza: "Imparare a gestire le emozioni"

Progetto a scuola con la psicologa Giorgi "Dobbiamo lavorare di più sulla prevenzione".

Stop alla violenza: "Imparare a gestire le emozioni"
Stop alla violenza: "Imparare a gestire le emozioni"

Imparare a scuola a conoscere e gestire le proprie emozioni, a porsi con empatia e con le giuste parole nei confronti dell’altro, a regolare i propri impulsi, anche quelli aggressivi. E’ sentimento generale, soprattutto in questi giorni dopo la tragica vicenda di Giulia Cecchettin, il desiderio di andare alle radici culturali della piaga della violenza contro le donne, cercare di prevenirla, con un’educazione all’ascolto emotivo da portare come materia nelle scuole. Un percorso in questo senso esiste già, si chiama "Coltiviamo gentilezza e semi di consapevolezza", un progetto psicoeducativo che mira a potenziare le competenze sociali, affettive ed emotive dei bambini. Una delle "pioniere" di questo esperimento sul territorio pisano, è la dottoressa Gitana Giorgi, psicologa e psicoterapeuta.

Quanto può essere importante educare all’affettività e al rispetto della figura della donna fin dall’età scolare?

"Direi moltissimo. Bisogna lavorare sulla prevenzione ed è necessario un cambio di paradigma: meglio lanciare un salvagente che imparare a nuotare. Ricerche longitudinali suggeriscono che bambini di cinque anni con forti abilità sociali riescono a fiorire come adulti sia come abilità accademiche che di benessere, rispetto a quelli con scarse abilità sociali".

Quali sono le tecniche da usare per gli uomini del domani?

"Riconoscere le proprie emozioni, anche quelle negative, che spesso si tende a sopprimere, a negare, a non accettare (il famoso "non piangere come una femminuccia" detto ai ragazzi): nominarle per domarle. Imparare a tollerare le sconfitte, i no, i rifiuti, sapendo "stare" con la sofferenza. Vede, il non accettare queste modalità emotive, porta spesso ad agire d’impulso, per scacciarle, per non sentirle, ed ecco che arriva l’atteggiamento violento, l’impeto irrefrenabile, fuori controllo. Ad esempio se un bambino picchia o offende l’altro, è un’occasione per educare all’empatia: la punizione crea vergogna, e sappiamo che la vergogna è alla base di molte patologie e di malessere".

E’ il ruolo della famiglia?

"Deve porsi come "contesto nutriente". Il genitore può diventare un "allenatore emotivo" che fa da guida del figlio nel mondo delle emozioni, che lo aiuta a trovare la strada per elaborare e le strategie di coping, ovvero di capacità di far fronte alle situazioni, più efficaci. Una delle frasi da usare per aiutare il figlio ad accogliere tutti i suoi stati d’animo può essere "sii la versione migliore di te stesso", che non vuol dire essere perfetto, ma accettarsi nella molteplicità delle emozioni che si provano".

Alessandra Alderigi