Sos specializzazioni: "Fra tre anni niente più chirurghi e radioterapisti. Rivedere gli stipendi"

Emanuele Neri presidente della Scuola Interdipartimentale di Medicina "C’è il rischio di creare tanti disoccupati. Recuperare la motivazione".

Sos specializzazioni: "Fra tre anni niente più chirurghi e radioterapisti. Rivedere gli stipendi"

Sos specializzazioni: "Fra tre anni niente più chirurghi e radioterapisti. Rivedere gli stipendi"

di Mario Ferrari

Oggi al Polo Piagge si è concluso il convegno per orientare gli studenti di medicina verso la scelta della specializzazione. L’evento, organizzato dalla Scuola Interdipartimentale di Medicina, diretta dal professor Emanuele Neri, in collaborazione con i tre dipartimenti dell’area medica, vuole evitare il rischio concreto di ritrovarsi senza specialisti in alcune branche della medicina.

Professor Neri, in quali casi siamo più a rischio?

"Per esempio: anatomia patologica, radioterapia, medicina nucleare. Di queste specializzazioni le borse di studio sono ampiamente sotto il 50%, addirittura in certi casi su 4 borse ne viene presa una o nessuna. Numeri che non garantiscono un adeguato turnover".

La situazione è così seria?

"Il rischio è che nel giro di 3-4 anni non avremo più specialisti in queste branche. Bisogna agire subito: dobbiamo recuperare la motivazione verso queste specialistiche per un’esigenza reale del servizio sanitario nazionale".

La risoluzione di questo problema parte dalla specializzazione?

"Sì. Soprattutto da una giusta scelta della scuola di specializzazione che non deve essere basata sulla convenienza della stessa, se c’è meno rischio, meno urgenze o stipendi migliori. Un giovane che si accinge a diventare medico deve scegliere il suo futuro non sull’idea delIe migliori condizioni lavorative, bensì su due fattori: ciò che gli piace fare e la sua predisposizione. Una scelta sbagliata magari porta a una specializzazione conveniente, ma anche insoddisfazione e senso di fallimento".

Cosa intende?

"Esistono branche della medicina come l’ematologia, la pediatria e l’oncologia in cui l’empatia e il rapporto coi pazienti sono fondamentali. Oppure basti pensare alla manualità per un chirurgo. Sono predisposizioni che lo studente deve sentire di avere e sulla base delle quali poi decide la sua strada. Questo è il messaggio del convegno e che cerchiamo di far arrivare costantemente come Scuola di Medicina. Una specializzazione dura tutta la vita, e non è facile fare qualcosa per il quale non si è predisposti per la vita: oltre a rischiare l’infelicità professionale, non si renderebbe un buon servizio ai pazienti".

Quindi il convegno punta soprattutto a far conoscere meglio le numerose realtà.

"Precisamente. Ai tanti studenti che sono venuti in questi giorni abbiamo elencato le caratteristiche delle scuole di specializzazione sia in termini di programmazione didattica sia di attività cliniche e formative, ma anche orientamento verso ciò che qualcuno si deve sentire dentro e gli piace".

Basta la conoscenza delle specializzazioni a per rendere appetibili?

"No, la politica deve favorire una più adeguata remunerazione, garantire incentivi di carriera migliori e la depenalizzazione della responsabilità medico-legale. Infine, visto il nostro rapporto con l’Area Vasta che ci dà una visione più territoriale e meno cittadina della sanità, investiamo per mandare gli specializzandi all’interno dell’Area Vasta. In questo modo si possano rendere conto delle condizioni lavorative del territorio e avere una esperienza formativa completa, mantenendo forte il legame con la scuola di specializzazione, garante della qualità della formazione".