Sesso estremo con i ferri chirurgici. Condannato medico dell’ospedale

Scoperto per una chiavetta con le foto hard dimenticata nel camice

Gli accertamenti e la ricostruzione dell’accaduto sono stati eseguiti dai carabinieri

Gli accertamenti e la ricostruzione dell’accaduto sono stati eseguiti dai carabinieri

Pisa, 16 aprile 2019 - Secondo la Cassazione, quello dei giudici d’appello, è stato un percorso del tutto coerente nell’affermare come «inverosimile la spiegazione fornita dall’imputato in merito al trasferimento dei dispositivi chirurgici per ragioni di custodia: versione difensiva smentita dall’utilizzo di tali strumenti per uso privato». Circostanza questa comprovata da foto. Le foto infatti in questa storia hanno un ruolo decisivo.

Lo ebbero per suscitare clamore, quando scoppiò il caso. E l’hanno avuto nell’aula penale. Così resta la condanna a carico del 50enne medico – difeso dall’avvocato Francesco Virgone –, ora ‘certificata’ dal passaggio in Cassazione che ha rigettato il ricorso condannando l’imputato anche al pagamento di 2mila euro in favore della cassa delle ammende e alla refusione delle spese di giudizio dell’Aoup (costituita in giudizio) per 3mila 500 euro oltre accessori di legge. Tutto cominciò, nel 2014, quando l’addetto di una lavanderia di Ponsacco trovò, in un camice, una penna usb. L’uomo raccontò di aver curiosato fra i contenuti della chiavetta per risalire al proprietario del piccolo archivio digitale che conteneva scatti provatissimi. Scatti anche a sfondo sessuale e dove degli strumenti chirugici sarebbero stati ultilizzati per giochi erotici anche a bordo di un mezzo a Collesalvetti, oltre che per le normali attività ambulatoriali.

Sui fatti indagarono i carabinieri che, tra le attività, procedettero a una perquisizione a casa del medico e trovarono alcuni ferri comunemente impiegati per micro-operazioni al naso e, dalle indagini, risultati di proprietà della Aoup; un fatto che, per la Procura, bastò per formulare, a carico dell’uomo, un’imputazione per peculato stimabile sui 15 mila euro. Con la stessa accusa, era stata coinvolta nei fatti, anche l’amica (livornese) del medico, presente in quelle foto, ma poi la sua posizione è stata archiviata, perché ritenuta estranea al fatto.

Ai giudici di legittimità il medico, tramite il proprio difensore, aveva lamentato, tra gli altri aspetti «di avere, la Corte d’appello omesso di valutare elementi dimostrativi della presa in consegna del materiale sanitario da parte del medico per ragioni di custodia dovute a pregressi furti o smarrimenti in vista di un successivo utilizzo in ambito ospedaliero». Ma niente da fare. Da capire se ci saranno anche ripercussioni disciplinari per il medico ora che la sentenza è definitiva.

Carlo Baroni