Piero Taccogna *
L’omicidio di via Corridoni non fa che confermare la necessità di una rivisitazione in senso restrittivo di alcuni resti previsti e puniti dal Codice penale e di quella previsione normativa frutto di una visione buonista e antistorica della realtà odierna. Si è arrivati via via a leggi secondo cui se una condanna alla pena detentiva non è superiore ai trequattro anni, non si finisce in carcere. il Codice Penale prevede due aspetti: un precetto "questa cosa non si commette..." e una sanzione "... altrimenti si finisce in galera". Se il secondo viene meno, il primo resta una sorta di ammonimento morale. Ciò vale, ancor più per stranieri che non hanno motivo di essere sul territorio nazionale e che dovrebbero essere espulsi se commettono un reato e incarcerati se vi rientrano. Il legislatore, cioè il parlamento, deve tornare sulla Terra e comprendere che, altrimenti, si assumerà la responsabilità di aver reso insicuro il Paese, umiliando l’impegno delle Forze di polizia. Da anni, molto prima che si insediasse l’attuale giunta (che crediamo abbia fatto, per quel che poteva, non poco per la sicurezza) alcuni sindacati di Polizia hanno evidenziato quanto la situazione a Pisa in generale - e dell’area stazione in particolare - meritasse più considerazione da parte di tutti i governi centrali, restando inascoltati, anzi, accusati di allarmismo. La sicurezza non può essere solo materia di campagna elettorale o di steri polemiche. Servono più operatori sul territorio e una revisione del sistema penale e carcerario, più magistrati e personale giudiziario e norme più stringenti in materia di immigrazione clandestina, espulsione e allontanamento di indesiderabili. Non facciamo i soliti discorsi, strumentali a interessi di partiti. O non ne usciremo. Ora c’è scappato il morto, com’era inevitabile a causa dell’inerzia di chi ha il doverepotere di legiferare (e bene): evitiamo che, passato il solito bla bla, accada di nuovo.
* Dirigente sindacato
di Polizia di Stato, Pisa