"Rispondi per bene o ti massacriamo". Agente penitenziario ai domiciliari

C’è anche un sanminiatese, un assistente capo, fra i tre arrestati per i pestaggi nel carcere di Sollicciano

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di Carlo Baroni

"Ti massacriamo, qui non siamo come quelli della giudiziaria". C’è anche un sanminiatese tra i tre agenti penitenziari in servizio nel carcere fiorentino di Sollicciano che sono finiti agli arresti domiciliari nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Firenze che ipotizza, a vario titolo, per nove indagati, i reati di tortura e falso ideologico in atto pubblico. Si tratta di Luciano Sarno, 55 anni, assistente capo, che queste parole le avrebbe pronunciate - stando alla ricostruzione degli inquirenti - ad un detenuto di origine marocchina, colpevole di aver risposto male. L’extracomunitario sarebbe stato condotto nell’ufficio dell’ispettrice e picchiato con violenza. Destinatari della stessa misura i colleghi Elena Viligiardi (ispettrice e coordinatore del reaprto penale) e Patrizio Ponzo. Altri sei agenti sono stati interdetti dall’incarico per un anno e sottoposti a obbligo di dimora nel comune di residenza. Le nove misure, disposte dal gip, su richiesta del pm Christine Von Borries, sono state eseguite ieri mattina. Il detenuto marocchino, secondo il copione accusatorio, prima che potesse iniziare a spiegare perchè avesse reagito così alle provocazioni e alle minacce, sarebbe stato inizialmente colpito con un pugno e poi in sette lo avrebbero pestato finchè l’uomo non cadde in avanti posando le mani sulla scrivania dell’ispettrice: questa si sarebbe alzata per andare in un angolo della stanza continuando a guardare la scena.

Il detenuto sarebbe stato portato poi in una cella di isolamento dove sarebbe stato costretto a togliersi i vestiti e a rimanere nudo davanti agli agenti per circa tre minuti, prima di essere portato in infermeria. Sempre secondo le ricostruzioni del pm, per coprire il pestaggio avvenuto davanti a lei nel suo ufficio, l’ispettrice avrebbe redatto una relazione in cui dichiarava che i colleghi erano stati costretti a intervenire perché il marocchino aveva cercato di aggredirla. La deposizione della parte offesa, secondo i riscontri investigativi, è credibile in quanto "riscontrabile da una pluralità di elementi raccolti".

Così come lasciare nuda la persona - secondo il giudice - è una condotta chiaramente “indicativa della crudeltà” con cui gli indagati hanno agito verso una persona bisognosa di cure. Gli episodi contestati - c’è un altro caso (detenuto in questo caso italiano), - sono avvenuti nel 2018 e nel maggio scorso. I nove indagati devono rispondere anche di falso ideologico in atto pubblico perché avrebbero fatto passare gli abusi come resistenze da parte dei detenuti.