Roberta Ragusa. "Logli ha fatto sparire Roberta in 7 ore"

La Cassazione: "Il marito andò alla Geste, pur essendo in ferie, la mattina dopo la scomparsa della moglie"

Antonio Logli

Antonio Logli

Pisa, 3 dicembre 2019 -  Se il caso ha un responsabile, che anche per la Cassazione è Antonio Logli, resta però ancora il mistero sugli ultimi momenti di vita di Roberta. Delitto Ragusa, i giudici di legittimità, come quelli di merito, non rispondono al quesito, che fine ha fatto la mamma di Gello? Scrivono gli ermellini: «Abbandonato il luogo (la strada, dove Gozi aveva visto litigare un uomo con una donna, ndr) in tutta fretta, l’aveva quindi condotta in altro luogo rimasto ignoto per poi sopprimerla con modalità anch’esse non potutesi accertare e farne sparire definitivamente, almeno sino ad ora, il corpo nel lasso temporale di quasi sette ore prima di chiamare le prime persone l’indomani e comunicare l’assenza della moglie».

E, per la Suprema corte, il «mancato successivo ritrovamento del corpo della scomparsa» «rafforza l’ipotesi accusatoria dell’omicidio per mano dell’imputato, il quale, se la morte fosse sopraggiunta per fatto accidentale, o colposo, oppure ancora per una causa naturale, aveva tutto l’interesse di conservare le evidenze probatorie in grado di avvalorarlo e di alleggerire la sua posizione». Nessuna risposta, ma dubbi e domande sui «comportamenti» definiti «anomali» di Antonio. Fra tutti, quello tenuto dall’ex impiegato comunale la mattina dopo la sparizione della donna. Quando si è «recato senza alcun apparente motivo, mai spiegato nemmeno in seguito, la mattina del 14 gennaio 2012 tra le ore 7.31 e le ore 7.50, sebbene quel giorno in ferie, presso la sede della ditta Geste, dove lavorava, prima ancora di divulgare la notizia della scomparsa della moglie».

Dove si trovano gli uffici e il magazzino della partecipata del Comune di San Giuliano. Che cosa fece in quei 19 minuti, quando nessuno ancora sapeva? Roberta, assente, perché mai più ritrovata, ma, alla fine, presente in moltissimi passaggi delle motivazioni. Come sottolinea l’associazione Penelope che nel processo ha rappresentato una delle parti civili. «Roberta ha parlato attraverso la sua lista della spesa, il suo diario, il suo comportamento descritto dagli altri», afferma l’avvocato Francesca Zuccoli che ha contribuito alla difesa della vittima.

«Era inquieta ma non si sarebbe mai allontanata da casa. Nelle 48 pagine si ricostruisce la sua personalità, la sua quotidianità ed emerge quello che era». Ma il fatto che non si sappia dove siano i suoi resti - la condanna d’altra parte è stata per omicidio e distruzione del cadavere - è difficile da accettare per la sua famiglia. A ribadirlo è l’avvocato Nicodemo Gentile di Penelope Toscana.

«I familiari hanno avuto giustizia, ma c’è un ulteriore smacco per loro, il non poter portare un fiore o pregare sulla tomba di Roberta». «La Suprema corte ha riconosciuto la ricostruzione della Procura che le parti civili hanno rafforzato. Il movente forte sono la relazione extraconiugale e l’intreccio di rapporti economici. Roberta da maggio 2011 era consapevole che il marito avesse una amante. Ma non se ne sarebbe mai andata: aveva paura di lasciare e danneggiare i figli. La sua fine è stata violenta, lo ribadiscono gli ermellini». Mentre la difesa (rappresentata dagli avvocati Cavani e Sergiampietri), contattata, risponde che sta «aspettando copia ufficiale della sentenza per poter esprimere le prorie valutazione». Ci sono sei mesi di tempo per ricorrere alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Ma bisogna capire, adesso, se ci sono i presupposti.

antonia casini

 

 

 Logli ha cercato di "allontanare da sé i sospetti", "distogliere le indagini dalla sua persona", ma ha ucciso la moglie e ha distrutto il suo cadavere. La Cassazione, in 48 pagine, conferma passo passo, smontando il ricorso della difesa, il verdetto dei gradi precedenti. Le motivazioni della sentenza del 10 luglio, che ha condannato definitivamente l’ex impiegato comunale per l’omicidio di Roberta Ragusa, ripercorrono tutta la vicenda attraverso lo sguardo e le parole dei giudici di merito. La mamma di Gello non se ne è andata, non è fuggita dai suoi figli, ai quali era molto legata e neppure si è ammazzata, visto che non aveva dato segnali, e che aveva programmato attività anche dopo quella notte fredda e maledetta fra il 13 e il 14 gennaio 2012 quando fu risucchiata dal buio. Per la Suprema Corte quel buio è proprio il marito inchiodato da testimonianze e passi falsi. "Le anomalie comportamentali dell’imputato". Gli ermellini le elencano raccogliendole dai loro predecessori: la collaboratrice domestica Margherita Latona ha riferito di averlo visto il 16 gennaio intento a "raschiare con un oggetto metallico e poi lavare il pavimento del vialetto d’ingresso carrabile": "l’omessa partecipazione alle ricerche" dell’imprenditrice; "la riluttanza a divulgare fotografie della Ragusa"; la visita effettuata dal Logli, il giorno della denuncia, presso gli uffici della società Geste, ove prestava servizio quale dipendente, dalle ore 7.31 alle ore 7.50, ossia in orario di chiusura» senza dare spiegazioni; e ancora: "l’eliminazione del giubbotto indossato nel corso della serata precedente, sottratto volutamente agli accertamenti di polizia... mai più rinvenuto"; altro elemento, l’esperimento effettuato la notte del 25 gennaio 2013 per "verificare se fosse possibile vedere all’interno di un veicolo parcheggiato in strada al buio dopo che una trasmissione televisiva aveva diffuso la notizia dell’esistenza di un teste che lo aveva visto litigare con una donna in via Ulisse Dini". "Soltanto chi realmente si era trovato a vivere quella situazione per propria esperienza diretta – la spiegazione dei giudici - era consapevole della veridicità della testimonianza". Il testimone Gozi che viene ritenuto, come la moglie (la loro versione non è stata pianificata a tavolino), attendibile anche perché non avrebbe avuto nessun "animosità e intento calunniatorio in danno al Logli". L’omicidio. Dopo il litigio in strada, "l’aveva condotta in altro luogo rimasto ignoto per poi sopprimerla con modalità anch’essse non potutesi accertare e farne sparire, definitivamente... il corpo". E, a proposito del cadavere: la sua indisponibilità «non consente di accertare con quale mezzo la stessa sia stata soppressa, ma rafforza ancor più il quadro indiziario". I moventi. "Il rapporto coniugale si era logorato per la duratura relazione extraconiugale intrattenuta dal Logli, di cui la Ragusa era divenuta consapevole, sospettando anche l’identità dell’amante del marito"; "la coppia aveva interessi patrimoniali ed economici strettamente connessi", la Ragusa voleva separarsi ma il marito temeva proprio «le conseguenze economiche".

Antonia Casini e Carlo Baroni © RIPRODUZIONE RISERVATA