"Ora la verità sulla morte di mio fratello"

Ossa ritrovate ai Passi, il Dna conferma i sospetti: appartengono a Slaheddine Chamkhi. La famiglia: "Luogo sospetto, dateci risposte"

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di Saverio Bargagna

"Purtroppo avevo già capito: per me era tutto chiaro appena ho visto quella scarpa Nike. Apparteneva a mio fratello, senza ombra di dubbio". Adesso però anche la comparazione del Dna offre un’attribuzione biologica certa: i resti rinvenuti il primo settembre in via XXIV Maggio ai Passi sono di Slaheddine Chamkhi, giovane tunisino di 33 anni, scomparso da oltre un anno. "Non è possibile credere all’ipotesi di un malore o di una morte naturale – spiega Chokri Chamkhi, fratello di Slaheddine –. Nel luogo del ritrovamento non si può arrivare per caso. E’ un posto decentrato che fa sorgere più di un sospetto".

Si tratta di un campo fra via XXIV Maggio e via Giordani. E’ qui che nella mattinata del primo settembre Salvatore Addario – titolare di una ditta che stava pulendo l’area con un trattore – ha rinvenuto lo scheletro e la scarpa. Esattamente la calzatura che Chokri ha riconosciuto. "La mia famiglia ed io vogliamo la verità. Vogliamo sapere che cosa è successo a mio fratello. Abbiamo tantissimi dubbi e nessuna risposta". Del caso si occupa il magistrato Fabio Pelosi, le indagini sono affidate ai carabinieri. Da quanto si apprende anche dai legali della famiglia, accanto al corpo di Slaheddine non sarebbero stati ritrovati proiettili o altre tipologie di armi. Sulla salma in questione non vi sarebbero neppure – almeno per quanto è possibile capire compatibilmente con le condizioni del cumulo di ossa ritrovato – tracce evidenti di violenza. Da chiarire, invece, la presenza di alcune parti di corda: sono servite a lui per porre fine alla sua vita oppure proprio con quella fune era stato legato e poi abbandonato nel campo? Al momento tutte le piste sono valide: omicidio, suicidio o addirittura un malore? "Siamo chiusi nel nostro dolore – conclude Chokri –. Abbiamo abbassato le serrande del ristorante in segno di lutto. Sono ore davvero difficili".

L’ultima cella telefonica di Slaheddine era stata agganciata proprio nell’area di San Rossore, non lontano da dove è stato ritrovato il corpo. Il telefono però non è mai più stato ritrovato. "L’ultima volta l’ho visto il 19 giugno del 2021. Poi più nulla" aveva spiegato al nostro giornale Chokri ormai più di 14 mesi fa. La fidanzata della vittima aveva detto: "di aver perso ogni contatto con lui due giorni dopo quando è andato dalla stazione ferroviaria di Lucca a casa di un amico". Poi un lungo silenzio. Le paure. I sospetti. La famiglia si è rivolta all’avvocato Massimo Parenti per avere un supporto legale nella ricerca. Quindi l’esame del Dna e, adesso, la risposta definitiva: Slaheddine è morto, forse è stato addirittura ucciso fra giallo e dolore.