Omicidio stradale a Pisa: banale incidente o ingiustizia?

La giustizia italiana tratta i casi di omicidio stradale con ingiustizia, come dimostra la vicenda di Lorenzo Mori. La legge prevede pene severe, ma nella pratica si arriva a condanne lievi e sospensioni della patente. Una bilancia della giustizia che non equilibra i diritti di chi ha perso la vita e quelli di chi l'ha uccisa.

"Omicidio stradale, banale incidente"

"Omicidio stradale, banale incidente"

"Quando la giustizia italiana tratta i casi di omicidio stradale, nelle aule di tribunale dovrebbero sostituire il cartello “la legge è uguale per tutti” con un più significativo “l’ingiustizia è uguale per tutti”". Le parole sulla vicenda giudiziaria a seguito della morte di Lorenzo Mori sono quelle di Stefano Guarnieri (foto Germogli), vice presidente associazione Lorenzo Guarnieri onlus. "Nonostante le modifiche legislative introdotte dal reato di omicidio stradale nel 2016, il legislatore, con l’introduzione della riforma Cartabia; le procure e i tribunali con la loro interpretazione; e i giudici della Corte costituzionale, hanno riportato l’omicidio stradale ad essere quello che è sempre stato nella testa di molti: un banale incidente nel quale una persona ha avuto la sfortuna di perdere la vita. La patente per guidare un’auto rimane un diritto a vita, anche se violando delle regole al codice della strada, uccidi". "Lorenzo Mori 16 anni, non è più con noi dal giugno di due anni fa – prosegue Guarnieri – Mentre stava attraversando la strada con il verde, un automobilista sorpassa una fila di altre auto ferme al semaforo, viaggiando ad oltre 50 kmh, investe Lorenzo uccidendolo. Si tratta di un omicidio stradale aggravato dalla condotta di aver superato delle auto in prossimità di un attraversamento pedonale. La legge avrebbe previsto dai 5 ai 10 anni di reclusione per il colpevole e 15 anni di revoca della patente". "La realtà riportata dalla stampa è un patteggiamento con una condanna a due anni e 6 mesi di servizi sociali e la patente sospesa per due anni e otto mesi. La sospensione non è una revoca, quindi l’autore dell’omicidio di Lorenzo non dovrà sostenere un nuovo esame di guida. Stanno uccidendo piano piano il reato di omicidio stradale con la convinzione da parte del legislatore e della gran parte della magistratura che uccidere in auto, avendo comportamenti alla guida pericolosi, come quello di investire un pedone mentre attraversa con il verde o sulle strisce, non sia un fatto grave ma un peccato veniale. Un incidente. Non è stata da meno la Corte costituzionale che ha eliminato la revoca obbligatoria nei casi di omicidio stradale di questo tipo. La gravità di quest’ultimo fatto è anche, a mio parere, la considerazione che la patente di guida, una volta acquisita, sia considerata un diritto di libertà costituzionale (articolo 3), come se non esistessero altri mezzi di trasporto. Non esiste la reale percezione di un disvalore sociale. Gualtiero, il padre di Lorenzo, mi comunica che la motivazione di una così bassa sentenza accessoria sulla licenza di guida è stata che la patente serve all’uomo per lavorare. Anche la vita serviva a Lorenzo per studiare, giocare, amare, lavorare… per vivere almeno altri 66 anni. Chissà se un giorno riusciremo a equilibrare questi diritti in maniera corretta nella bilancia della giustizia. Il diritto di Lorenzo a vivere, e quello dell’uomo che lo ha ucciso a guidare".