La scomparsa del professor Romano Lazzeroni

Glottologo di fama nazionale e accademico dei Lincei, aveva 90 anni. Normalista, brillante e di spirito, era stato anche prorettore con Favilli

Franco Lazzeroni

Franco Lazzeroni

Pisa, 9 gennaio 2020 - Il mondo accademico pisano e non solo è in lutto per la scomparsa all’età di 90 anni del professor Romano Lazzeroni, professore emerito di Glottologia, socio nazionale dell’Accademia dei Lincei, figura di spicco della cultura italiana, maestro di intere generazioni di docenti. Spirito libero e anticonformista Lazzeroni è stato uno di quei docenti destinati a lasciare una traccia profonda in tutti coloro che l’hanno conosciuto e non soltanto per il suo sapere che era vastissimo, per l’originalità delle sue ricerche che hanno aperto nuove strade alle discipline linguistiche, per le capacità didattiche dimostrate nei lunghi anni di insegnamento, ma anche per la grande di umanità nel rapporto con gli altri, fossero allievi, docenti o amici. Laureato in Normale nel 1966 fu chiamato alla cattedra di Glottologia a Pisa e tenne anche il corso di Sanscrito. Sempre attivo nonostante l’età, attualmente era professore straordinario presso l’Università telematica "Marconi" di Roma in qualità di preside della Facoltà di Lettere e del dottorato di ricerca in Linguistica. Autore di oltre 200 pubblicazioni su riviste italiane e straniere nonché di alcuni volumi editi da Laterza e Carocci, i suoi campi di studio sono stati le lingue dell’Italia antica, l’indiano antico con particolare riguardo alla linguistica vedica, l’indoeuropeistica classica e le problematiche relative alla tipologia linguistica. Dal 1975 al 1983 è stato prorettore vicario dell’Università di Pisa allora guidata da Ranieri Favilli e direttore del Dipartimento di Linguistica. Ma per meglio ricordare Romano Lazzeroni valgono le sue stesse parole, scritte non molto tempo fa e parte di un testo più ampio. Eccole: "Mi appassionai alla linguistica al Liceo quando, confinato in campagna nel terribile inverno del ’46, non avendo nulla da fare e non avendo ancora l’età di andare a fanciulle (che per altro stavano anche loro tappate in casa) mi misi a strologare sulla grammatica greca e scoprii le sonanti, che peraltro le avevano già scoperte già da 70 anni. Laureato e poi specializzato alla scuola Normale (dove la puzza di cavolo che olezzava ovunque non bastò a disgustarmi di quella verdura) decisi di fare il professore universitario quando mi accorsi che non sarei mai stato capace di vincere un concorso per la scuola media e mi persuasi che insegnare all’università era sempre meglio che lavorare. Per il principio che accademie, presidenze, prostata e arteriosclerosi crescono con l’età sono socio di un bel grappolo di accademie di cui cito solo quella dei Lincei. Mi sono occupato di linguistica latina, italica, greca e soprattutto indiana producendo in questo campo un buon numero di lavori di solito apprezzati da sanscritisti che non sanno nulla di linguistica e da linguisti che non sanno nulla di sanscrito. Continuo a lavorare nonostante abbia compiuto 20 anni più di 4 volte; infatti l’età a chi prende la testa e a chi le gambe: io cammino benissimo". Due anni fa sul catalogo della Mostra sul Sessantotto a Palazzo Blu comparve un suo scritto in cui rievocava quegli eventi. "Le agitazioni – scisse - cominciarono con l’occupazione della Sapienza e continuarono con assemblee, cortei, occupazioni di Facoltà, interruzioni delle lezioni e insulti ai professori che resistevano. Eravamo tutti impreparati anche perché pochi ebbero lo spirito di quel collega, che, di fronte alle urla di chi rivendicava il 30 politico, proclamò con bell’accento maremmano: "A voi non posso rispondere che con la parola di Cambronne; e siccome siete ignoranti, ve la traduco"... E così concludeva: "Questi, logorati dal tempo, sono i miei ricordi. Brutti, come tutti i ricordi: quelli brutti perché sono brutti, quelli belli perché sono ricordi". Romano Lazzeroni è morto in Svizzera dove si trovava per una breve vacanza e per sua volontà non ci saranno funerali. Solo una privatissima cremazione. Giuseppe Meucci