REDAZIONE PISA

Miss Italia, una nuova storia sociale del concorso nel saggio di Marzia Leprini

Dalla bella italiana, fidanzata moglie e madre, alla maggiorata

Miss Italia ha provato negli anni ad interpretare i cambiamenti significativi della società italiana e a farsene in qualche modo portavoce: nel 1990 ha anticipato lo ius soli, nel 1993 ha modificato il proprio regolamento accogliendo concorrenti con figli, nel 2003 ha esteso il limite d’età a trent’anni, nel 2011 ha modificato i propri standard di bellezza abolendo le misure 90-60-90, must della competizione, e aprendo alla taglia 44. Con il saggio storico-sociologico, "Le olimpiadi della bellezza. Storia del concorso di Miss Italia (1946-1964)", pubblicato da Pacini Editore con il contributo e il patrocinio del Ministero dei Beni Culturali e del Turismo, l’autrice Marzia Leprini, dottore di ricerca in Studi umanistici nell’Università di Urbino Carlo Bo, dove si occupa di storia del corpo delle donne, reimposta la storia sociale di Miss Italia. Iniziato con un concorso fotografico nel 1939, diventato Miss Italia nel 1946, grazie alla intuizione di Dino Villani, il concorso ha proposto due tipi di bellezza e due tipi di donne, la "bella italiana", prossima fidanzata, poi moglie e madre, e la "maggiorata". Il lavoro di Marzia Leprini si inserisce in una più ampia ricerca promossa dalla Fondazione di studi storici Filippo Turati e dedicata all’ingresso della donna sulla scena della storia. "A Dino Villani – spiega l’autrice - si deve la ’favola’ che ha coinvolto migliaia di ragazze italiane e che ha avuto inizio sulle sponde del Lago Maggiore. Qui, in un giorno di fine estate, molte di quelle giovinette scesero dal treno rispondendo alla chiamata di un manifesto che recitava: ‘Cerchiamo la più bella d’Italia’. Dietro l’invito c’era il pemio di 100mila lire per la più bella italiana, che dopo l’elezione avrebbe reclamizzato i prodotti Gi.Vi.Emme, con uno stipendio di 100 mila lire al mese".