REDAZIONE PISA

L’avvocato Francini: "Chi lo ha detto che la dose è stata aggiunta? Sono solo ipotesi"

E ha precisato che il legale non è morto per un arresto respiratorio immediato

Prima dell’intervento del professor Tullio Padovani, nell’udienda di ieri mattina del processo in corte di Assise per la morte di Marco Corini, ha concluso la sua arringa l’avvocato difensore Anna Francini che già aveva ripercorso nel dettaglio le tappe dell’istruttoria nelle precedenti due udienze, definendo inattendibili alcune testimonianze e su tutte quella della fidanzata dell’avvocato, Isabò Barrack.

"Non si sa quanto Midazolam sia stato dato – ha sostenuto Francini – chi lo ha detto che ne è stato aggiunto? Sono ipotesi e come tali rimangono, ma alcune sono ipotesi anche oggettivamente errate. Come quelle della somministrazione. Marzia non aveva a casa gli strumenti per infondere grandi quantità di sedativo in un colpo solo. E sedare non vuole dire ammazzare. Marco aveva già avuto una crisi respiratoria il 24 settembre e Marzia voleva alleviarne la sofferenza. E 500 mg di Midazolam non bastano per uccidere i condannati a morte negli Stati Uniti, ci vuole anche il curaro. Se si ipotizza una dose letale di Midazolam, si muore per arresto respiratorio immediato. Se questo non è successo, perché nessuno lo ha detto, allora non abbiamo la prova che Marco sia morto per un’overdose di Midazolam. Piuttosto per morte naturale. L’avvocato Corini aveva l’aspettativa di vita non superiore a un mese, per questo i medici aveva deciso di non proseguire nelle cure. Marco aveva entrambi i polmoni compromessi. Il dottor Maurizi nella sua testimonianza ha detto che poteva essere sedato anche il giorno prima e poteva morire anche il 24. La morte, purtroppo, era un evento atteso, perché Marco era un paziente che non aveva più un sufficiente livello di ossigeno nel sangue. Poteva respirare, ma quell’ossigeno non sarebbe più andato ai suoi organi".

Massimo Benedetti