La grande bellezza sfila sul Lungarno Il trionfo e l’incanto del corteo storico

Emozioni, colori, entusiasmo per gli oltre 800 figuranti. Cori da stadio, petali di fiori e coreografie sulle tribune: è festa per tutti

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di Saverio Bargagna

La piacevole brezza marina che agita i vessilli del Lungarno diffonde con sé l’odore del gioco: ogni pisano lo riconosce. Peculiare alchimia, senza dubbio, di cuoio lavorato e roventi raggi di sole; cavalli e palpitante tensione: si propaga fra le narici e discende nella nostra identità. Prima il suono delle chiarine sospinge l’odore di Pisa poi il rullo dei tamburi lo imprime nello stomaco dando forma a un’antica e irrazionale nostalgia. Il lungo mosaico del corteo storico non è un mero tuffo nel passato, bensì la cifra di un antico e fiero popolo, il senso profondo del "Urbis me dignum pisane noscite signum". L’aria dei Lungarni invita a sfidare i marosi del Mediterraneo, confrontarsi coi mori, issare la bandiera rossocrociata su porti lontani. Il gioco del Ponte è un viaggio: partire e tornare.

Gli squilli della guerra chiamano alla battaglia le schiere di Tramontana e Mezzogiorno. Sono le 19.30 – un po’ in ritardo sulla tabella di marcia – quando gli eserciti delle due Parti si affacciano sulle rispettive rive anticipati, qualche minuto prima, dal consueto corteo dei giudici. Gli uomini, in omaggio alla tradizione, nella destra issano il targone mentre nella sinistra porgono fiori nei colori della propria magistratura. Ben presto i 2.700 delle tribunette – alcuni in attesa da ore –, scatenano il delirio: cori da stadio, coreografie e calde lacrime al passaggio dei propri uomini in costume storico. Qualche minuto dopo, quando sono gli avversari di una sera a sostare sotto i gradoni, volano sfottò e ironici fischi. Mancano i combattenti di Sant’Antonio che danno forfait per protesta.

Belli i nuovi costumi, stupenda l’atmosfera. Emozionante l’inchino di San Michele alla propria folla e la corsa dei Leoni – una volta raggiunta Tramontana – verso le spallette per salutare il proprio popolo festoso dall’altra parte della riva. Intorno alle 21 gli eserciti rincasano all’ombra delle tende amiche (che però stavolta non sono state montate pare per colpa di qualche volontario colpito dal Covid). L’omaggio alla città è comunque finito, è l’ora che parli il ponte: gli ambasciatori decretano la sfida. Pisa, d’improvviso, si divide eppure il cuore è uno soltanto.