Emilio Tolaini, lo studioso della storia dell’arte scomparso nel 2012, che all’epoca aveva 20 anni, ricordava così la giornata del 31 agosto 1943: "Rientrai a casa poco prima di pranzo dopo aver lasciato il mio amico Luciano Berti, un normalista, all’angolo di via Fratti. Ci eravamo messi a tavola da poco quando la terra cominciò a tremare con grandi boati. Corremmo nel piccolo rifugio in cemento che uno zio aveva costruito in fondo al giardino e per circa venti muniti sembrò che il mondo ci stesse crollando intorno. Quando gli scoppi cessarono e uscii sulla strada, fra il fumo intravidi la parte dell’Hotel Minerva rimasta in piedi dopo il bombardamento. Potei vedere quel rudere perché tutte le case che erano situate fra via Fratti e la stazione davanti alla quale si trovava l’hotel Minerva, erano andate giù. Più tardi seppi che anche il mio amico era morto".
Una drammatica testimonianza fu raccolta dal regista Lorenzo Garzella nel suo “Acquario della memoria” realizzato nel 70° anniversario della tragedia. Un testimone, oggi scomparso, viveva ormai da alcuni anni a Pistoia ed è là che Garzella andò a intervistarlo. Si chiamava Glauco Tognini, il giorno del bombardamento aveva dieci anni. "La mia casa, in Corte Bianchi a Porta Fiorentina, fu centrata da una bomba e restai per ore sotto le macerie con tutta la mia famiglia: due nonni, i genitori e una sorellina di sei anni di nome Giuliana. Quando finalmente mi estrassero, verso le cinque del pomeriggio, Giuliana e la nonna purtroppo ormai erano morte. Le ambulanze non potevano entrare nella strada perché era coperta dalle macerie e i militari tedeschi che ci portarono fuori dalla casa diroccata ci stesero su alcune persiane per poter raggiungere l’ambulanza".
Una tragedia nella tragedia fu la bomba che colpì il rifugio antiaereo che era stato ricavato fra l’hotel Minerva e la stazione. Lo spazio era stato preparato per farne un albergo diurno e quindi aveva già le tubature dell’acqua. La bomba tranciò le tubature e 143 persone morirono affogate. Fra le macerie era rimasto intrappolato Angiolo Borsò la cui drammatica testimonianza è riportata nel terzo volume nell’Almanacco Pisano di Giampiero Lucchesi. “Ero riuscito a restare con la testa fuori dall’acqua ma ero bloccato dalle macerie. Fui estratto dopo sei ore, intorno alle 19. Avevo riportato fratture al piede destro e a cinque costole ma in tanti là sotto erano affogati".
r.c.