MICHELE QUIRICI
Cronaca

Il successo del commediografo combattente

Tommaso Gherardi Del Testa, nato a Terricciola nel 1814, divenne celebre in tutta Italia per le sue opere letterarie. Morì a Pistoia

di Michele Quirici

Il 12 ottobre di quest’anno saranno passati 140 anni dalla morte, a Pistoia, di uno dei personaggi più illustri della Valdera e della Toscana: Tommaso Gherardi Del Testa. L’avvocato era nato a Terricciola il 29 agosto 1814 in quel castello “circondato da ben coltivate vigne e da rigogliosi uliveti” (come recita la Corografia dell’Italia di G.B. Rampoldi del 1834). Così lo descriveva Carlo Catanzaro nel suo “Altri cari estinti, bozzetti letterarj” uscito a Firenze nel 1884: “Cominciò i suoi studj a Pisa ove apprese pure il latino, il greco, il francese, filosofia e legge. Laureato in quest’ultima facoltà e fatte poi le pratiche di avvocato, incominciò con lode molta la carriera d’autore, nella quale ottenne quei successi splendidi che ognuno conosce. E non solo il teatro fu campo al Gherardi di eletto scrivere, ei dettò pure novelle e romanzi che destarono grande interesse e fra questi citiamo come i migliori: Gli Amici di Università, la Povera e la Ricca, Eternamente, l’Amore, la Farina del Diavolo, ec., ec., alcuni dei quali ebbero l’onore meritatissimo di essere tradotti in francese ed in inglese”.

E ancora “Istruito alla scuola dei due celebri maestri il Bagnoli, l’autore del Cadmo, ed il Rosini, l’autore della Monaca di Monza, egli apprese con amore tutte quelle dottrine necessarie per chi ha il desiderio di essere scrittore formato e vi riuscì completamente. In un tempo in cui di teatro italiano appena si parlava, fece fronte in unione a un illustre poeta – Paolo Giacometti – ed altri pochi generosi, alla irrompente fiumana dei drammi d’oltralpe e d’oltremare che dominavano i nostri teatri e questi sforzi titanici produssero il loro effetto, ed il buon gusto del pubblicò si formò, e si apprezzò il vero merito, e si rese omaggio all’ingegno italiano. Ha ragione il prof. De Gubernatis, quando parlando del Gherardi Del Testa, afferma che la sua commedia si è fatta popolare senza diventare plebea; si è fatta educativa senza riuscire nojosa. Analizzando le commedie tutte di questo autore tanto prediletto al nostro pubblico, bisogna forse convenire che nella commedia sociale non riesce tanto felice osservatore come nella commedia d’intreccio. Discutendo questioni gravissime e di un’importanza palese non è riusciuto sempre ad ottenere quei trionfi che egli ottenne nell’altro genere. Però fra le commedie ove tratta questione sociale sono degne di menzione particolarissima - le false letterate -, ove giustamente combatte l’emancipazione della donna, quella stranissima emancipazione che consiste nel sembrar molto e nell’esser nulla”.

Nel 1848 “allorquando il rullo dei tamburi chiamò gli italiani alla prima riscossa” Gherardi partì come si può leggere nell’introduzione al racconto “Gli scolari di Pisa”: “piantò ipso facto il sacco ed i radicchi, e con pochi ma bravi compagni in Pistoia si unì ai volontari Toscani, e fece parte della 3a compagnia comandata dal Giovanetti col modesto grado di sergente. -La prima batosta andò bene, la seconda benissimo, sebbene a me costasse un pezzetto d’orecchio: alla terza mi cascò l’asino e cadde a tutti; e dopo aver fatto, lasciatemelo pur dire, il dover nostro per dodici ore continue, e ci convenne battere in ritirata. A me cocciuto per natura, poco garbava quell’abbandonare la posizione sul far della sera, e con pochi, ma buoni, che come me la pensavano, tenemmo il fermo finchè ci rimase cartuccia; ma sai tu come andò a finire la burletta? Che circondati da ogni dove, per non andare ad ingrassare i cavoli lombardi, forza fu l’andarcene diritti come fusi nei fondi della Boemia”. Qui scontò un periodo in prigionia prima di tornare alle sue opere.