
Le chele blu lunghe circa 10 centrimetri, il peso intorno ai 300 grammi. Un nuovo ’colonizzatore’ è sbarcato nelle acque dell’Arno. A catturarlo, in un tranquillo pomeriggio di pesca estiva, è stato un pensionato pisano, Palmiro Giannessi, che nel bottino di giornata si è ritrovato tra le mani un granchio mai visto prima. Un esemplare di Callinectes sapidus, specie proveniente dalle coste atlantiche americane. Granchio azzurro, conosciuto anche come granchio reale. Pescato a pochi metri dalla foce, in località Tre Buce. "Ho capito subito che non si trattava di un granchio qualunque, ma di una delle tante specie aliene arrivate nei nostri mari, probabilmente nocivo e invasivo" dice Giannessi che sei anni fa, con il figlio, si era imbattuto pescando intorno alla Meloria anche in uno squalo maki (presenza ’accertata’ in quell’occasione dall’acquario di Genova). Giusto il tempo di scattare una foto, e il granchio è tornato in acqua.
A dare conferma della sua ’identità’ – ma anche dell’aggressività: questo tipo di granchi si nutre di tutto ciò che riesce a catturare (bivalvi, anellidi, avannotti, carogne e piante) – è Arpat: "Questa specie - affermano gli esperti impegnati nel monitoraggio - è stata attualmente è diffusa soprattutto in Adriatico, ma già nel 1965 era segnalata nel Mar Ligure. La prima segnalazione ufficiale per la Provincia di Livorno è del 2005 e negli ultimi anni le segnalazioni si sono moltiplicate, soprattutto nella zona del Calambrone, in prossimità della foce dello Scolmatore. Vive in acque di transizione ma le femmine si spostano in acque più salate durante la riproduzione". L’ipotesi ritenuta più probabile riguardo alla diffusione nel Mediterraneo è la presenza delle larve nelle acque di zavorra delle navi ed il loro rilascio nelle aree portuali. Ed è in fatti qui che si concentrano alcune indagini specifiche in ambito Marine Strategy che riguardano proprio le specie non indigene, in particolare nelle aree portuali. A rischio c’è, infatti, l’ecosistema.
L’esempio arriva dalle coste di Grecia e Albania, dove il granchio azzurro è ormai da tempo una forte minaccia per il mantenimento della biodiversità autoctona e per la pesca, principale attività per la popolazione costiera di questi Paesi. In queste zone non a caso sono in fase di predispozione le prime azioni pilota rivolte alla mitigazione degli impatti negativi di questa specie aliena. In Italia, la presenza del granchio azzurro è ben conosciuta e studiata nel Salento, in particolare nella Laguna di Acquatina. Ma, informa Arpat. "non si può escludere che la presenza del Callinectes sapidus possa determinare impatti negativi anche su altri servizi ecosistemici e arrecare fastidio a bagnanti e turisti non adeguatamente informati". Tutto il contrario di quel che avviene nella sua area d’origine, dagli Stati Uniti al Messico, dove il voracissimo granchio viene pescato e consumato in grandi quantità per la bontà della sua carne: ogni anno vengono prelevate 58 mila tonnellate che finiscono in tavola, cucinate al vapore o bolliti. Un alimento pregiato con un prezzo che si aggira sui 150 euro al chilo.
Francesca Bianchi