Il caso-Rubens inguaia la Soprintendenza

Inchiesta della Procura di Genova sul prezioso dipinto del grande fiammingo, nel mirino dei carabinieri l’Ufficio esportazione

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Un’altra importante opera d’arte, questa volta il "Cristo risorto appare alla Madre", esposta per la mostra "Rubens a Genova", allestita a Palazzo Ducale, sarebbe transitata dall’Ufficio esportazione della Soprintendenza di Pisa per la sua immissione nel mercato antiquario estero. L’Ufficio come è noto è chiuso dal 2019 in seguito a una inchiesta della Procura di Pisa che aveva preso le mosse nel 2018. Adesso spunta una nuova circostanza. Pochi giorni fa, i Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale hanno sequestrato il "Cristo" esposto appunto a Genova e assicurato per 4 milioni di euro. Si tratta di un dipinto a olio su tela, delle dimensioni di 184x150 cm, attribuito a Peter Paul Rubens (Siegen, Vestfalia 1577 - Anversa 1640) e alla sua bottega. In questo caso i reati ipotizzati per due mercanti d’arte sono quelli di esportazione illecita e riciclaggio

. I Carabinieri del Nucleo TPC di Genova, nel corso di una complessa e dettagliata indagine coordinata dalla Procura della Repubblica del capoluogo ligure, hanno eseguito il provvedimento accertando che il prezioso bene culturale proviene dalla collezione di una nobile famiglia genovese, che lo custodiva nello storico palazzo di famiglia sottoposto a vincolo già dai primi anni del Novecento. L’opera era stata poi ceduta agli attuali indagati, i quali lo avevano esportato utilizzando un Attestato di Libera Circolazione, rilasciato dall’Ufficio Esportazione di Pisa, ottenuto a quanto pare tramite false dichiarazioni e omissioni. Gli indagati avrebbero dissimulato la vendita fittizia dell’opera utilizzando società appositamente create all’estero, ostacolandone l’individuazione.

L’importante opera d’arte è caratterizzata da un’eccezionale particolarità: una terza figura è visibile tra la Madonna e Cristo e si tratta, probabilmente, di una creazione precedente, un ‘ripensamento’ che Rubens aveva deciso di non mantenere nell’opera definitiva. Naturalmente, la figura in questione sarà oggetto di ulteriori accertamenti. Coordinati dal pubblico ministero Eugenia Menichetti e dall’aggiunto Paolo D’Ovidio, i militari, guidati dal maggiore Alessandro Caprio, hanno ricostruito che gli eredi della nobile famiglia avevano provato a vendere l’opera, conoscendo la reale attribuzione, senza riuscirci fino al 2012 quando fu acquistata dai due mercanti ora indagati. Questi l’avevano acquistata per 350 mila euro e avevano provveduto al restauro nel 2014, rfacendo emergere la seconda figura di donna. Il dipinto era quindi stato fatto uscire dall’Italia dichiarando falsamente, all’ufficio esportazione della Sovrintendenza di Pisa, che era di un anonimo autore fiammingo e che valeva 25 mila euro. Dopo una serie di passaggi a società estere, create da un commercialista e dal figlio e anche loro indagati, il quadro è stato prestato per la mostra, secondo gli inquirenti, "anche per certificarne la paternità di Rubens e aumentarne il valore".