
di Saverio Bargagna
Il calcio? Fa bene alla salute. E’ questo quanto sostiene Liliana Dell’Osso, direttore dell’unità operativa di psichiatria della Aoup, che indaga il ‘nuovo’ rapporto fra pallone, Covid e tifo.
Professoressa, è vero che si può vivere senza calcio ma è anche vero che il pallone rappresenta un momento di forte condivisione.
"“Panem et circenses” dicevano gli antichi romani, e non si sbagliavano. Sicuramente l’aspetto ricreativo è importante per il benessere psicofisico, e vedersene privati può contribuire all’incremento dello stress percepito, abbassando la qualità della vita e favorendo atteggiamenti rimuginativi patologici sulle problematiche quotidiane e sulle prospettive future. Diciamo che, alla lunga, la mancata possibilità a 360 gradi di attività ludiche e rilassanti può anche innescare, nei soggetti più vulnerabili, sintomi ansiosi o avere ripercussioni significative sull’umore. Per questo rientra negli aspetti fondamentali della cura di sé concedersi momenti di riposo dal lavoro che non si limitino al sonno o ai pasti (in compagnia o meno), ma che includano una serie di occupazioni attive, risultando in un fondamentale momento di crescita personale.Tornando di nuovo alla Roma antica, potremmo paragonare questo tipo di occupazioni a quell’ “otium”, tenuto in somma considerazione, che comprendeva una serie di attività tutt’altro che “oziose”, ma anzi finalizzate a un arricchimento spirituale più che materiale come invece quelle del “negotium” (affari)".
Il Pisa sta giocando bene e lotta per la serie A. L’entusiasmo della città essere una spinta anche per superare la crisi post-Covid?
"L’aspetto della condivisione e del supporto sociale è un importante fattore protettivo nei confronti di eventi traumatici e stressanti. Lo abbiamo visto studiando i superstiti del terremoto a L’Aquila. In quest’ottica, l’entusiasmo per una passione condivisa può essere d’aiuto nel rafforzare il senso di appartenenza a una comunità, stimolando reazioni produttive e di coesione sociale. Fanno eccezione, naturalmente, gli estremismi di quei piccoli gruppi, per fortuna minoritari, che talora vivono la passione calcistica come occasione di sfogo per comportamenti violenti e divisivi".
Per i giocatori in campo, invece, quanto può mancare l’apporto dei tifosi?
"Potremmo dire che i giocatori sono, oltre che professionisti, anche soggetti che si esibiscono per intrattenere un pubblico, dal quale, come avviene per cantanti o attori, sanno che giungerà un feedback. Naturalmente il plauso e l’approvazione sono aspetti motivazionali fondamentali per queste persone, anche perché si basano sul giudizio del pubblico per comprendere di stare operando o meno nella direzione giusta. I soggeti più vulnerabili, tra l’altro, possono cadere in circoli viziosi patologici e lasciare che il giudizio e l’approvazione degli altri influenzi eccessivamente la propria autostima, ma questa è un’altra questione. Quello che possiamo dire della situazione attuale è che senz’altro trovarsi a lavorare senza un pubblico, per chi è abituato ad averlo, può essere spiazzante, compromettendo la motivazione e di conseguenza la performance".
Domanda personale: segue il calcio? Tifa per il Pisa?
"Non ho mai seguito il calcio, il mio “otium” si incentra su altri aspetti, però mio figlio è sempre stato un appassionato tifoso del Pisa e quindi, da madre, mi sento un po’ tifosa anch’io...".