
Marco Borbotti
Pisa, 7 maggio 2017 - LA DOMANDA E’: dove sono finiti i circa 2 milioni scomparsi con il giochetto delle finte convenzioni all’Istituto di Fisiologia Clinica del Cnr? Soldi dei quali la Procura – nel corso di una inchiesta durata oltre due anni – non ha trovato alcuna traccia. Milioni volatilizzati, finiti nel nulla o ben nascosti da qualche parte? E’ quello che i magistrati hanno intenzione di appurare attraverso una raffica di interrogatori che prenderanno il via nella settimana che inizia domani a carico degli otto indagati, tre dipendenti (o ex dipendenti) del Cnr pisano e 5 legali rappresentanti delle società (in prevalenza pisane) con le quali venivano stipulate le convenzioni per attività di ricerca che poi non sono mai state seguite, o eseguite solo in parte o perseguendo obiettivi difformi da quelli dichiarati in partenza.
Truffa ai danni dello Stato, falso ideologico e false fatturazioni sono le ipotesi di reato contestate, a vario titolo, agli indagati per una vicenda che ha fatto tremare la cittadella del Cnr a San Cataldo, fiore all’occhiello della ricerca pubblica nazionale e che ha gettato un lungo cono d’ombra sul sistema dei controlli e delle verifiche su contratti e sistemi di finanziamento.
DI SICURO non si presenterà in Procura – come ha già annunciato da queste colonne il suo avvocato, Giulio Venturi – il personaggio chiave dell’intera vicenda, Marco Borbotti, l’ex dipendente del Cnr assunto come custode e poi diventato, al culmine di una fulminante carriera, responsabile dell’ufficio progetti dell’Ifc, anche grazie a una laurea falsa, faccenda che gli è costata il licenziamento nel gennaio 2015, appena lo scandalo è venuto a galla. E precisamente quando l’attuale direttore Ifc, Giorgio Iervasi, subentrò a Eugenio Picano e, sentendo puzza di bruciato, informò la Procura dando il via all’indagine.
«BORBOTTI – spiega il suo avvocato – non ha beni, gli è stato sequestrato un conto corrente con 200 euro, sul quale viene accreditata la sua pensione di invalidità in quanto soggetto affetto da vizio mentale, già dichiarato incapace di intendere e di volere dal Tribunale». Eppure nel momento del suo massimo potere all’interno di Ifc, in coincidenza con gli anni della direzione di Eugenio Picano, Borbotti veniva considerato una specie di dal quale dipendeva la possibilità di accedere ai preziosissimi anticipi di cassa dal Cnr centrale, soldi indispensabili per far decollare i progetti di ricerca. E poco importava se, a supporto di tutto venissero poi presentate false convenzioni per ricerche inesistenti: «Non c’era nessun tipo di controllo – aveva dichiarato lo stesso Borbotti in una intervista a La Nazione – né in fase iniziale, né durante lo svolgimento del progetto, né a consuntivo». E intanto il suo prestigio e la sua influenza crescevano. L’articolo di apertura della Newsletter dell’Ifc del dicembre 2012 è dedicata a Borbotti che viene portato come esempio di «success story»: «Marco Borbotti, 45 anni, nel 2008 era in uno stanzone di via Trieste come contrattista a ponte tra l’amministrazione e l’epidemiologia ambientale polmonare. Nel 2009 torna in Area (San Cataldo) con tutta l’amministrazione (a dimostrazione di quanto sia importante l’interazione anche fisica sul mondo della ricerca, sport di contatto); nel 2010 prende la responsabilità dell’Ufficio entrate; nel 2011 si laurea (da tempo determinato VI livello) in economia e commercio; nel 2012 vince il posto di tecnologo (III livello) a tempo indeterminato in un affollato concorso. Una piccola ma grande success story; il merito paziente trova in Ifc una palestra e un trampolino. Con lui sono adesso 101 i ricercatori e tecnologi a tempo indeterminato in Ifc». Peccato che la laurea era falsa.