Caso Scieri: "Picchiato e lasciato morire, fu nonnismo". Dolore e speranza di una famiglia

Pisa, la riapertura del caso risalente al '99. A lungo la madre del militare si è battuta per lunghi anni. Ha sempre detto che qualcuno lo aveva ucciso

I familiari di Emanuele Scieri nel giorno del funerale. Nel riquadro il giovane

I familiari di Emanuele Scieri nel giorno del funerale. Nel riquadro il giovane

Pisa, 3 agosto 2018 - "Uno scenario complesso". "Una vicenda complicata e sofferta". Il procuratore capo Alessandro Crini utilizza tutti gli aggettivi per descrivere un caso, la morte di Emanuele Scieri, sul quale per anni si è mantenuto il silenzio. Presenti alla conferenza stampa di ieri anche Alfonso Di Martino, vicequestore aggiunto, responsabile sezione criminalità organizzata della questura di Firenze e De Santis, capo della squadra mobile del capoluogo toscano, oltre che Stolfi della Questura di Pisa.

«L’indagine – inquadra subito Crini, come scriviamno anche nelle pagine nazionali – ci ha consentito di verificare quali fossero e come funzionassero le pratiche prevaricatorie di nonnismo». Poi, scende nei particolari ricostruendo il quadro nel quale sarebbe avvenuto l’omicidio. «L’applicazione pratica fisica dei pompaggi, le flessioni. Con colpi dati ai muscoli dorsali per rendere tutto più difficile».

La maglietta «arrotolata è incompatibile con la precipitazione». L’aggressione sarebbe avvenuta quindi già a terra. «Si trovava in un punto oscuro, prossimo al magazzino di casermaggio dove, abbiamo ricostruito, si verificava il consumo di sostanze stupefacenti». E ancora.

«Abbiamo ritenuto di approfondire l’altro aspetto della permanenza in vita. Dagli accertamenti, siamo arrivati al convincimento che ricevere immediato soccorso sarebbe stato risolutivo». Da qui l’omicidio volontario, «fu deliberata la scelta di lasciare il giovane a terra. L’intento è stato quello di creare le condizioni perché non fosse scoperto. Una dinamica non congetturata ma ricavata da vecchi accertamenti attualizzati da ulteriori elementi peritali della commissione parlamentare. Inoltre, nessuno di coloro ascoltati ha incertezze su come può essere andata rispetto alla ricostruzione fatta».

Poi torna a parlare delle pratiche di nonnismo verificate all’epoca nella caserma, «una forma particolarmente accesa. Tanto che in quel periodo, giugno-luglio, ’99 c’erano le condizioni per un certo allarme. Un’escalation. C’erano già stati episodi precedenti sfociati in denunce. Il generale comandante della caserma viene avvicendato proprio agli inizi di agosto in ragione delle situaioni di difficoltà gestionale». Poi ripercorre le ore successive al 13 agosto, giorno in cui sarebbe avvenuta l’aggressione, al 16, quando fu scoperto il corpo senza vita del giovane. E cita anche il sopralluogo del generale Celentano. «Tutto quello che accadeva, anche se non incidente sul singolo fatto, ha aiutato a capire». Ma «la nostra priorità è stata quella di dare una risposta certa alla madre di Emanuele, avvisata prima che uscisse la notizia e che è rimasta colpita e commossa». Alessandro Panella, sentito dagli inquirenti si è avvalso della facoltà di non rispondere. Adesso per lui c'è l'interrogatorio di garanzia.