REDAZIONE PISA

Adozioni truffa con il Kirghizistan Il caso ora finisce in Appello

La presidente di Airone chiede l’assoluzione. La prima denuncia fu a Pisa

di Carlo Baroni

PISA

La vicenda delle adozioni truffa in Kirghizistan finirà in appello. Un caso, diventato nazionale, sul quale in primo grado si è espresso il tribunale di Savona, per il quale la prima denuncia in Italia, nel 2013, partì da Pisa e fu fatta dalla coppia Alessia Raglianti e Tiziano Bernardini, assistiti dall’avvocato Tiziana Mannocci (nella foto). Nel luglio scorso – all’esito di un processo lunghissimo – e dopo una lunga camera di consiglio i giudici inflissero quattro anni di reclusione a Silvia La Scala, 71enne, presidente della Onlus Airone con sede legale ad Albenga (che aveva una sede anche a Pisa). Ed è proprio La Scala a portare in secondo grado di giudizio la vicenda con l’atto d’appello depositato nel dicembre scorso.

Secondo la tesi difensiva, sempre sostenuta nel processo – La Scala è difesa dall’avvocato Rosanna Rebagliati – "le coppie sarebbero state vittime di eventi che si sono verificati in Kirghizistan e quindi del tutto estranei, secondo il legale, alla volontà dell’ente Airone". Nella complessa vicenda che anche in Kirghizistan è stata oggetto di processi e sentenze "Airone ha subito la truffa, se truffa vi è stata, così come l’hanno subita le coppie". Tant’è, rileva il legale che assiste La Scala, che "la tesi difensiva è stata condivisa anche da alcune coppie sentite nel processo ed ha trovato riscontro in elementi di prova seri e concordanti".

Invece per i giudici di primo grado non ci sarebbe alcun dubbio

che artifici e raggiri siano stati messi in atto per indurre in errore le coppie di genitori adottanti. Perché queste avevano inteso stipulare un contratto per un’adozione internazionale rivolgendosi ad un ente italiano che

opera lecitamente in Italia e all’estero, iscritto all’albo e sotto il controllo degli enti di vigilanza. E questo contratto "non prevedeva certamente il fatto di

affidarsi a organizzazioni criminali e a persone legate a reti illegali e nemmeno di agire con condotte illecite e corruttive", avevano scritto i giudici motivando la condanna inflitta nel luglio scorso al vertice dell’Associazione Airone.

In riferimento al dramma vissuto dalle coppie, i giudici di primo grado, rilevavano: "genitori che non potevano immaginare che non si trattava di una adozione internazionale ma di una situazione assimilabile a un "acquisto di bambini" effettuato ottenendo falsi accreditamenti, falsi abbinamenti, false sentenze". Un contesto del quale Silvia La Scala, per i giudici, "aveva piena consapevolezza e avrebbe dovuto rappresentarlo alle parti". Invece – secondo i giudici – "non solo lo ha occultato, ma non ha detto nulla nonostante fosse pienamente consapevole". Il caso – era scoppiato nel 2012 con l’arresto del ministro dello Sviluppo sociale del Kirghizistan – quindi, nei prossimi messi arriverà davanti la Corte d’appello di Genova.