
CARRARA
Si erano visti arrivati gli uomini della Guardia costiera nel piazzale. Un controllo che aveva interessato anche le aziende limitrofe. Gli uomini in divisa sono entrati in azienda e si sono concentrati su un macchinario a filo diamanato. I militari si erano mossi per trovare potenziali reati inerenti l’ambiente. All’azienda Verdini marmi di via Aurelia, la parte al piano, venne poi contestato l’utilizzo senza la relativa autorizzazione di due macchinari che avrebbero rilasciato nell’aria la polvere di marmo. A processo era finito il titolare dell’azienda.
Ieri mattina davanti al giudice monocratico Giovanni Tori sono stati ascoltati i testimoni della difesa guidata dal legale Luca Lattanzi, il quale ha provato a smontare pezzo per pezzo l’impianto accusatorio messo in piedi dalla Procura. Molte aziende che si erano viste arrivare il decreto penale avevano pensato di risolvere la questione pagando una multa di circa 500 euro, archiviando la pratica, ma di fatto avevano ’macchiato’ la fedina penale per due anni di colui che è stato chiamato in causa.
La Verdini marmi invece ha deciso di opporsi ed è andata a giudizio. Oltre al responsabile del settore segheria, ieri mattina è stato ascoltato anche il consulente ambientale dell’azienda, il quale ha risposto alle domande del legale difensivo: "Ricordo che vennero a fare un controllo nell’ottobre del 2018. Ci chiesero se avevamo l’autorizzazione a utilizzare due macchinari, nello specifico due telai. Rimasi basito perché non ero a conoscenza di leggi che impongono tale pratica. Chiamai in Regione e mi dissero che non era necessaria nessuna autorizzazione. Ricordo – ha concluso il perito – che due mesi dopo il sopralluogo uscì una determina regionale nella quale si specificava che tutti i macchinari da taglio che utilizzavano l’acqua nel taglio non necessitavano di una specifica autorizzazione".