REDAZIONE LUCCA

Viva Rugantino er bullo di Trastevere

Non ha sempre avuto un’accezione negativa. Shakespeare lo usava. come “dolce canaglia“

In classe abbiamo fortemente voluto parlare di bullismo perchè ci riguarda direttamente e ci siamo trovati davanti a nuove frontiere rimanendo stupiti, incuriositi, forse perplessi, quando abbiamo voluto capire la storia di questa parola. Quella parola che oggi fa tremare vene e polsi di molti giovani ragazzi, proprio quella, bullo, nella nostra letteratura compare tardi: il GDLI -Grande Dizionario della Letteratura Italiana- cita Garzoni “De bulli o bravazzi o spadaccini o sgherri di piazza”. A seguire tra 800 e 900 non cambia molto il significato fino ai nostri giorni. Da Pasolini il bullo è il ragazzo di borgata, un po’ strafottente, ma in fondo non cattivo. Nella Treccani la parola bullismo entra solo nel 2017. All’inizio il termine aveva a che fare con l’amore e la seduzione. No, lettori non intendiamo che il bullismo è amore ma che l’etimologia di questa parola, ora a noi giovani antipatica o ostile, era invece una bella parola legata a temi come l’amore e la seduzione. Ebbene sì, nel sedicesimo secolo “boel” significava amante in olandese. Shakespeare usava il termine come “dolce canaglia”, ad intendere che quel “fare terribile” era anche in un certo modo attraente.