Lucca, 13 gennaio 2019 - «Rifarsi una verginità» non è più soltanto un modo di dire. Con la chirurgia intima anche questo è possibile. L’intervento si chiama «rivergination» e la traduzione dall’inglese all’italiano è assai intuitiva. Ma con le nuove tecniche operatorie messe a punto da una decina d’anni a questa parte si può effettuare il famoso ritocchino ormai in ogni parte del corpo. Sì, proprio dappertutto. Il dottor Cristiano Biagi, lucchese di 47 anni, opera nelle sedi del Centro Medico Esculapio di San Concordio e Guamo dove nessun intervento è tabù. «La chirurgia estetica – spiega – va ormai di moda da anni ma ultimamente è in forte crescita il numero di persone che chiedono veri e propri interventi per modificare le proprie parti intime, come nel caso della rivergination».
In cosa consiste?
«L’imene viene ricostruito chirurgicamente. È un trattamento richiesto soprattutto dalle donne islamiche che, in pratica, prima di sposarsi vogliono tornare vergini per il loro uomo. Si tratta nella maggior parte dei casi di donne di 20-25 anni e tra le mie pazienti ne ho avute diverse anche di Lucca».
Nell’ambito della chirurgia intima femminile, quali altri interventi vanno per la maggiore?
«Sicuramente la labioplastica, cioè il rimodellamento dei genitali esterni, delle piccole labbra più di frequente. Non sempre si tratta di un’operazione a fini puramente estetici; l’ipertrofia a volte provoca fastidi e dolori nei rapporti sessuali o anche semplicemente nell’andare in bicicletta o nell’indossare alcuni capi d’abbigliamento intimo. Una cosa che spesso accade alle donne tra i 40 e i 45 anni, specie dopo il parto».
Anche gli uomini si sottopongono ad interventi di chirurgia intima?
«Certo. In campo maschile le operazioni riguardano principalmente l’allungamento e l’ingrossamento del pene, due interventi che spesso si effettuano insieme. Nella penioplastica, per ottenere l’allungamento del pene, si va a tagliare un piccolo legamento che trattiene i corpi cavernosi all’interno dell’addome, attaccato all’osso pubico. Diciamo che è un po’ come sciogliere le briglie a un cavallo. Per l’ingrossamento, invece, si usa la tecnica del lipofilling: il grasso viene prelevato da altre zone del corpo, generalmente dall’addome, viene trattato e iniettato nel pene».
Ma la differenza tra un organo sessuale naturale e uno trattato si vede?
«Assolutamente no. Nel caso del lipofilling non resta alcuna traccia, per quanto riguarda la penioplastica rimane solo una piccola cicatrice a livello del pube, nascosta dalla peluria. E anche la funzionalità è la stessa».
Che risultati si ottengono?
«Soddisfacenti soprattutto per quanto riguarda le operazioni di ingrossamento del pene. Per ciò che concerne l’allungamento, il risultato varia da caso a caso ma mediamente siamo tra i 2 e i 5 centimetri in più per ogni paziente».
Ma alla fine conta di più l’aspetto psicologico o quello fisico quando ci si sottopone a un’operazione simile?
«Di base c’è senza dubbio una necessità fisica che comporta delle ripercussioni a livello psicologico. Avere un pene di ridotte dimensioni porta ansia e stress, per questo prima di effettuare l’intervento prescrivo sempre una visita psicologica preliminare».
Le è mai capitato di negare l’intervento a un paziente?
«Certamente. La chirurgia è una cosa seria e non un gioco».