REDAZIONE LUCCA

Quella Resistenza taciuta. Il ruolo attivo delle suore contro l’occupazione nazista

Ben 30 i religiosi trucidati, ma anche le porte di monasteri e conventi si aprirono senza indugio. Le suore, silenziose presenze, furono di grande utilità e supporto pur senza mai apparire.

Estate ‘44, estate di paura, di eccidi, di sconvolgimento. Cominciano a tappeto i rastrellamenti della popolazione civile parte di un disegno punitivo studiato con l’intenzione di colpire la parte più debole e reclutare con violenza forza lavoro. E’ la tattica della terra bruciata, la volontà di annientare un popolo traditore con tecniche distruttive. Il 21 agosto si chiudono le porte della città, ancora oggi molti anziani ricordano quel giorno, ricordano quel camioncino che girava la città e la voce gracchiante dell’autoparlante che ordinava a tutti gli uomini dai 15 ai 45 anni di presentarsi al baluardo di Porta Elisa, entrano nelle case, con l’aiuto della brigata Mussolini, frugano dappertutto e riescono a portare alla Pia Casa circa 100 persone. La furia nazista si scaglierà con violenza contro i parroci del territorio ritenuti “colpevoli” di aver fatto solo quello che la loro missione prevedeva: aiutare, proteggere, prendersi cura. Colpe comuni a tutta la popolazione civile che non indugiò mai di fronte al bisogno, alle richieste , alla necessità.

Il 2 di agosto verrà catturato Don Aldo Mei, parroco di Fiano, accusato di collaborazionismo con i partigiani, diventerà il capro espiatorio della ferocia nazista, subirà un processo farsa dall’esito scontato e dopo due giorni di detenzione alla Pia Casa verrà ucciso fuori Porta Elisa, nello spazio che noi lucchesi chiamiamo “al prete morto” senza alcuna intenzione di blasfemia. Con lui saranno 30 i religiosi uccisi dai nazisti oltre a 8 che moriranno per cause di guerra. Ma anche le porte dei monasteri e dei conventi si aprirono senza alcun indugio, le suore silenziose presenze furono di grande utilità e supporto.

All’interno dell’Ospedale Militare territoriale n.4 di Lucca il personale di assistenza e cura era formato da: medici, operatori sanitari (infermiere per lo più) e suore. Fin dalla sua apertura erano in servizio attivo 20 suore Domenicane che svolgevano oltre all’assistenza un’opera di sottesa collaborazione con il CLN locale nascondendo uomini fuggiti dai campi di concentramento e giovani renitenti alla leva. Quando nell’aprile del ‘44 la Repubblica Sociale e i tedeschi decisero di spostare l’ospedale militare a Modena ma grazie all’intervento di Don Giurlani e l’aiuto prezioso delle Suore infermiere l’ospedale rimase aperto. L’apporto delle Suore fu, in quel caso, decisivo, riuscirono a nascondere un enorme quantitativo di materiale e di medicinali trasportandolo, non senza rischio e difficoltà, a casa di Don Giurlani.

Il sergente maggiore Rodrigo Masone nella sua relazione sull’attività dell’ospedale territoriale riporta che: “...tutto il gruppo delle suore, specialmente quelle addette ai reparti, meritano una particolare considerazione per il loro non riconosciuto ma prezioso lavoro. La madre superiora suor Maria Albertina Anderlini per la prudente guida, nei momenti difficili era sempre a capo. Suor Maria Giuseppina Costantino, addetta alla dispensa, oltre ad aver rifornito di viveri i partigiani per lunghi mesi, per oltre tre mesi ha custodito prezioso materiale del CLN e riceveva staffette quando era assente il Cappellano. Suor Maria Agostino Mifaud, di origine maltese, ha dovuto soffrire il carcere e il campo di concentramento. Le suore addette ai reparti, insieme alle sorelle di Croce Rossa, hanno dato un vantaggioso contributo (...)“.

Anche alcune crocerossine furono riconosciute facenti parte della Formazione. Le Suore non amano parlare di quello che fecero in quei tragici momenti perché lo ritenevano naturale e consono sia alla loro missione sia all’umanità che tutti avrebbero dovuto avere per rispondere al bisogno, alla richiesta d’aiuto. Le Dorotee nascosero nella palestra della scuola ebrei e partigiani ma anche ragazzi che rischiavano di essere ritenuti renitenti alla leva e catturati. Oltre alle Domenicane altri ordini monastici presenti nel territorio lucchese: le Zitine, le Agostiniane e le Barbantine.

Queste ultime, ricordate come “ministre degli infermi”, ebbero frequenti e ripetuti contatti con il CLN cittadino e si prestarono a ricoverare perseguitati ebrei e non, presso la loro Casa, cercando in tutti i modi di preservarne la vita e di tenerli al riparo dal pericolo, a molte donne ebree offrirono le loro vesti monastiche per facilitarne il nascondimento. La loro attività suscitò alla fine i sospetti dei tedeschi che arrivarono a perquisire il loro Monastero. Di grande rilievo fu l’opera svolta dalle suore Oblate dello Spirito Santo, le Zitine, che nella loro Casa e lei locali attigui alla Chiesa riuscirono a nascondere moltissime donne ebree e i loro bambini. Per questa loro preziosa opera la Confederazione provinciale delle associazioni combattentistiche e patriottiche, nel 1993, conferì loro un diploma di benemerenza.

Simonetta Simonetti (ATVL)