Lucca, oltre il dramma la beffa: licenziato senza remore

Doveva rinnovare il periodo di malattia, ma ha ritardato per prendersi cura della figlia vittima di violenza. Per l’azienda era assente ingiustificato

Il tribunale civile di Lucca ha rigettato il ricorso dell’operaio (foto di repertorio)

Il tribunale civile di Lucca ha rigettato il ricorso dell’operaio (foto di repertorio)

Lucca, 2 aprile 2023 – Licenziato per aver inviato in ritardo il rinnovo del certificato medico, e quindi per assenza ingiustificata da lavoro. Ha provato a far valere le sue ragioni in tribunale, assistito dall’avvocato della Cgil Gianluca Esposito, ma il giudice ha dato ragione all’azienda. A niente sono valse le motivazioni dell’uomo che “pur umanamente condivisibili - si legge nella sentenza - non possono assurgere a motivo di impedimento“. I motivi cui si fa riferimento, però, vanno ben oltre il concetto di “grave“: l’uomo ha infatti raccontato di aver dovuto, in quei giorni, accompagnare la figlia di 13 anni dal gip per l’incidente probatorio su un caso di violenza sessuale che la bambina avrebbe subito. E non è tutto. Dopo qualche giorno la figlia si sarebbe sentita male, a tal punto da finire in pronto soccorso e, come se non bastasse, la nonna, malata, si sarebbe aggravata.

Situazioni che, com’è comprensibile, gli avrebbero impedito di pensare ad altro e quindi a comunicare all’azienda che non sarebbe tornato al lavoro. Avrebbe però cercato di rimediare a distanza di qualche giorno, inviando un messaggio alla sua responsabile con cui si scusava per il ritardo, spiegava i motivi e comunicava il proseguimento della malattia. Ma ormai per l’azienda era troppo tardi: l’uomo è stato licenziato poco dopo.

Per entrare nel merito della cronologia dei fatti: l’operaio era in malattia dal 21 luglio 2020, dopo un intervento alla spalla, e sarebbe dovuto tornare al lavoro l’1 ottobre. Il medico, però, ha evidentemente ritenuto necessario un periodo più lungo di riposo, rinnovando il certificato medico fino al 2 novembre. Prosecuzione che il diretto interessato avrebbe dovuto comunicare all’azienda, come da contratto collettivo nazionale, entro 3 giorni dalla fine della malattia (era coperto fino al 30 settembre), ma lui lo ha trasmesso solo il 7 ottobre, per tutti i terribili motivi spiegati sopra. Gli viene contestato, inoltre, di aver risposto in ritardo anche alla contestazione disciplinare. Una condotta giudicata come sintomatica di “superficialità e disinteresse“, per cui l’uomo si è visto rigettare il ricorso e dovrà pagare circa 2700 euro di spese legali. Gli rimane la strada dell’appello, che l’avvocato sta valutando se intraprendere o meno: "Se lui vorrà, io continuerò ad aiutarlo come posso".