Nel corso dell’intervista, ad un certo punto si ferma pochi attimi. Quelli necessari a riordinare le idee. Ma anche a ricacciare indietro una lacrima. Sotto sotto c’è l’emozione: gli occhi si velano nel ricordare l’amico di una vita. In occasione dei dieci anni dalla scomparsa di Giorgio Marchetti, architetto e fine umorista – morto a Viareggio il 7 settembre del 2014 – oggi Franco Fabbri, già vicesindaco, assessore all’urbanistica e presidente del Consiglio comunale che conosceva Giorgio fin dall’infanzia, rilancia l’idea di un premio a suo nome.
E lo fa appunto in occasione dei 10 anni dalla scomparsa: una data per certi versi che spesso segna uno spartiacque: proprio decorsi dieci anni è possibile ad esempio intitolare una strada. Ma lui pensa più ad un premio letterario. Ne parliamo con lui in questa intervista a La Nazione.
Fabbri, partiamo dall’inizio: come è iniziata la vostra amicizia?
"Alle elementari e di lì non ci siamo più persi di vista. La nostra amicizia non si esauriva su banchi di scuola. Pensi che al tempo entrambi abitavamo in via di San Donato e le nostre abitazioni erano confinanti. Quindi ricordo pomeriggi trascorsi a giocare con le macchinine: le facevamo “correre“ sul muretto che divideva i nostri giardini. Com’era Giorgio? Era un ragazzo molto vivace e pieno di idee. Nei suoi confronti ho avuto un complesso di inferiorità".
Cioè?
"Lui cresceva e io rimanevo sempre più basso! Attribuivo a questa – che definivo differenza di altezza – al fatto che la signora Gina, la mamma di Giorgio, lo riforniva continuamente con grossi bicchieroni di aranciata. Scherzi a parte, da quel momento non ci siamo persi di vista e l’ho seguito nei suoi molti premi in Italia e all’estero".
E con il passare del tempo vi siete ritrovati, non più sui banchi di scuola, ma lavorando a stretto contatto?
"Chi avrebbe mai immaginato che saremmo stati ancora insieme per moltissimo tempo non più sui banchi di scuola, ma su quelli dell’ammistrazione comunale? Erano i primi anni Ottanta, per essere esatti il 1983, sindaco era Mauro Favilla. Io ero assessore all’urbanistica e Giorgio era consulente dell’amministrazione comunale per quanto riguarda il piano regolatore del Comune. Giorgio ha contribuito, nella sua qualità di urbanista, alla schedatura di tutti i palazzi pubblici e privati del centro storico di Lucca, oltre alla schedatura di tutte le corti del Comune di Lucca. Giorgio inoltre faceva parte del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Architetti e dell’organismo nazionale del Ministero dell’Ambiente per quanto riguarda la compatibilità ambientale. E’ lì che oltre che urbanista profondamente conoscitore del territorio lucchese, l’ho conosicuto anche nella sua nuova veste di Pierin lucchese, Ettore Borzacchini e Magi. E quindi ho scoperto la sua formidabile dote di umorista e vignettista che lo ha contraddistinto da quegli anni fino agli ultimi giorni".
Un’ironia pungente?
"Giorgio aveva un’ironia pungente sì, amava il dialetto popolare, era un provocatore irriverente; i suoi bersagli preferiti erano le élite della politica e della società civile grazie alla firma di Pierin lucchese, discolo birbone. Un modo per ironizzare sui temi al centro della cronaca mai risolti e sulle grandi manovre del Comune di Lucca".
E arriviamo così agli ultimi giorni: quando le comunicarono che Giorgio Marchetti era morto?
"Parto da un aneddoto. Durante l’estate, da anni eravamo soliti incontrarci a Viareggio la mattina (mi chiamava dicendo: “L’ufficio è aperto!“): l’ufficio era un bar della Passeggiata dove lui sorseggiava una tisana impossibile e dove pochi giorni prima di morire gli portai una pubblicazione della Maria Pacini Fazzi su Palazzo Santini che le avevo commissionato e che lui apprezzò moltissimo. Lo trovai stanco, poi s’è capito perché. La sera del giorno in cui è morto ero a cena da amici a Viareggio e fui raggiunto da una telefonata di un’amica di Elena (la figlia di Giorgio, ndr). Rimasi incredulo. Non mi vengono nemmeno ora le parole per descrivere il dispiacere e lo stato d’animo di quei momenti...".
Dunque sono trascorsi dieci anni dalla morte di Giorgio Marchetti: ritiene che sia il momento giusto per intitolargli magari un premio?
"A maggior ragione ora che ricorrono i dieci anni dalla sua scomparsa penso sia giusto ricordare Giorgio Marchetti per il suo grande talento letterario e di umorista e vignettista come già suggerito da La Nazione qualche mese fa. Magari con un concorso a premi di umoristica e satira per le scuole e che porti il suo nome. Tra l’altro in un colloquio che ho avuto recentemente con il sindaco Pardini mi ha confermato la volontà dell’amministrazione di realizzare iniziative volte a valorizzare e ricordare i suoi personaggi e le sue opere".
Se potesse salutare Giorgio Marchetti un’ultima volta, cosa gli direbbe?
"Gli direi che ogni volta che rileggo i tuoi scritti e le tue vignette non mi viene da piangere, ma da ridere come si faceva insieme (e qui Fabbri si commuove... ndr). Ah, un’ultima cosa".
Dica?
"Vorrei ricordare l’ultima sua idea che lui riteneva rivoluzionaria per la cultura di Lucca: il giramento di 180 gradi della statua di Puccini, ormai stanco di guardare le spose di una volta in via San Paolino, il trasferimento della statua di Burlamacchi in piazza San Michele perché non sopportava più i piccioni, il trasloco della statua del Civitali stanco di stare seduto immobile e non ultimo il trasloco del cavallo di Porta Vapore dedicato ai caduti e sempre in procinto di cascare davvero lui stesso".
Battute, risate: d’altronde quando si parla di Giorgio Marchetti non si può non finire con un sorriso e una pungente frecciata. Ed è giusto così.
Ciao Giorgio!
Cristiano Consorti