Molti lettori mi scrivono chiedendomi pareri sull’uso quotidiano di frutta secca. La frutta essiccata fa benissimo, ma, a mio avviso, bisogna stare attenti a molte cose.
1) A noci, nocciole e mandorle viene rotto dai produttori (per motivi di comodità di chi li compra) il guscio duro; questa frutta degusciata immessa nei mercati varrà meno; gran parte infatti delle sostanze aromatiche (polifenoli etc...) si volatizzeranno facendo perdere al frutto le sue capacità nutrizionali oltre a renderle assolutamente anonime dal punto di vista organolettico. Ma un buon schiaccianoci in casa no? La frutta secca va schiacciata appena prima di mangiarla.
2) Non solo: avendo le mandorle una pellicina marrone, per toglierla questo frutto viene bollito. Si avranno così assurde mandorle bianche, ove, grazie alla bollitura, abbiamo trasformato i grassi nobili insaturi in pesanti grassi saturi (tipo quelli delle margarine).
3) Per le nocciole ancora peggio: spesso vengono infatti tostate e la tostatura è un trattamento pesante e non salubre (tipo la cottura alla brace delle carni). Se possibile mangiamole non cotte.
4) Poiché gran parte della frutta secca viene da paesi lontani, spesso viene trattata (per evitare marcescenze) con un antifungino, l’anidride solforosa, un conservante chimico che può dare forti allergie e mal di testa.
5) Talvolta (e questo pochi lo sanno) la frutta secca rimane nei magazzini invenduta anche per anni (il mercato di questi frutti infatti è quasi sempre relegato al periodo natalizio). In questa frutta secca tenuta in umidi magazzini per anni possono svilupparsi pericolose sostanze, le aflatossine. Ciò fortunatamente in Italia non accade. Conclusioni: prediligere frutta secca possibilmente italiana, non degusciata e non tostata, ma solo come madre natura ce la offre. Mangiare 30 grammi di noci, mandorle, nocciole al giorno vuol dire avere una buona fonte di magnesio e potassio e soprattutto vuol dire abassare fortemente la colesterolemia.
Una curiosità storica: il termine pistacchio è arabo e onomatopeico, deriva cioè dal rumore che fa la bacca quando si apre, appunto “psstac“. I migliori pistacchi sono quelli di Bronte, meravigliosa città sicula, regalata dal Re di Napoli all’inglese Orazio Nelson vincitore a Trafalgar sulla flotta Napoleonica. Nelson non vide mai questa cittadina e i suoi eredi si comportarono verso questa gente come veri schiavisti, interessati solo ai pistacchi, già allora chiamati gli smeraldi di Sicilia.