REDAZIONE LUCCA

“La bella estate“ con Fabio Genovesi

Lo scrittore sarà ospite domani sera della rassegna “Vivere Castelnuovo“ dove porterà un monologo tratto dal suo ultimo libro

Un calamaro gigante sta per arrivare nel cuore della Garfagnana. Sembrerà strano, ma non lo è se guardato con gli occhi di Fabio Genovesi. Lo scrittore porterà domani, sabato 24 luglio alle 21,, un monologo tratto dal suo ultimo libro per Feltrinelli: "Il calamaro gigante" appunto, con cui proverà a far passare un messaggio: "niente è strano, perché niente è normale", nel senso di legato a precise norme. O almeno così dovrebbe essere. Il personaggio del titolo è un animale che nella realtà, come la vediamo noi, non esiste, ma nel libro si. "E’ la storia di un calamaro che tutti credevano una leggenda - spiega l’autore - è il racconto delle persone che hanno creduto nella sua esistenza e per questo motivo hanno fatto una brutta fine. Tacciati per pazzi visionari, quando in realtà si scopre che avevano ragione. E’ un inno al credere nell’impossibile, perché la realtà è più incredibile di come la vediamo noi, con i nostri occhi ormai annoiati".

Celebra quindi il punto di osservazione dei bambini?

"E’ assurdo che appartenga solo ai bambini e che l’età renda ciechi, incapaci di cogliere le stranezze e quindi la bellezza del mondo".

Perché accade secondo lei?

"Perché ci chiudiamo in delle gabbie che noi stessi costruiamo. Muri e barriere di stereotipi, formalità e regole che ci bloccano la visuale rendendoci infelici. La meraviglia che, in questo caso, popola il mare serve proprio ad uscire da certi binari che siamo abituati a seguire, con la testa china. Convinti che sia giusto sacrificare la nostra unicità, il nostro essere, per far finta di essere uguali agli altri".

E’ un modo per evitare il giudizuio altrui?

"Ne siamo ossessionati. Fin da piccoli i nostri genitori ci insegnano ad essere prudenti, a seguire ciò che la società vuole e questo meccanismo è ovviamente esasperato dai social. A me piace invece raccontare le persone per quello che sono".

E’ quello che farà domani con il monologo?

"Nasce dal libro, da un lavoro fatto con il Piccolo Teatro di Milano, ma poi divaga, si allontana dallo scheletro. Non c’è una sceneggiatura, mi lascio andare all’improvvisazione e quindi non è mai lo stesso. Per me è molto importante perdersi, andare alla deriva".

Avere una visione della vita fuori dagli schemi porta a sentirsi fuori contesto?

"Non è un voler cambiare la società, ma vivere al di fuori di essa se non ci si sente di farne parte. Cambiare non è distruggere ma vivere diversamente. Ho vissuto tanto da solo, perdendomi nella natura"

E’ per questo che ha scelto un mestiere lontano da ruoli e da schemi?

"La scrittura deve essere accompagnata da una vita. Quando scelgo un libro lo faccio in base alla biografia dell’autore. Se ha avuto una vita piatta cosa portrà avere da raccontare? Si scrive scoprendo e si scopre scrivendo".

Teresa Scarcella