REDAZIONE LUCCA

Il genio Barsanti e la rivoluzione del suo “motore“

Duecento anni dopo un convegno celebrativo anche per far luce sulla paternità dell’invenzione

Sono passati duecento anni dal 12 ottobre del 1821, quando, a Pietrasanta, nasceva Eugenio Barsanti, inventore insieme a Felice Matteucci di quella che fu, a buon titolo, una vera e propria rivoluzione: il motore a scoppio.

Per celebrare il bicentenario della nascita di Eugenio Barsanti, la Fondazione Barsanti e Matteucci, insieme con Automobile Club di Lucca, Provincia di Lucca e Comune di Lucca, ha organizzato una giornata celebrativa dal titolo “Barsanti e Matteucci e il motore a scoppio: ieri, oggi e domani”. L’appuntamento è per sabato 27 novembre, a partire dalle 9.30, a Palazzo Ducale, con il convegno che racconterà il lungo percorso che dal motore a scoppio ha portato alle nuove vetture, elettriche e a idrogeno, arricchito dall’esposizione di affascinanti e prestigiose auto d’epoca. La partecipazione alla giornata è libera, salvo il rispetto delle vigenti prescrizioni anti-covid. Barsanti, scienziato e fisico, ebbe la felice intuizione del motore a scoppio durante una lezione. Mostrando ai suoi studenti il funzionamento della pistola di Volta, fu colpito da un’illuminazione: l’esplosione di una miscela gassosa provocata da una scintilla elettrica poteva essere impiegata come forza motrice. Nacque quindi nel 1851 la collaborazione con Felice Matteucci, anch’egli lucchese, specializzato in meccanica. Mesi, anni di intensi studi ed esperimenti per dimostrare che sì, la forza esplosiva poteva essere trasformata in un moto regolare, successivo, uniforme. La conquista arrivò nel 1853, con la costruzione del primo prototipo di motore, riconosciuto l’anno seguente da una certificazione inglese e quattro anni dopo, nel 1957, con il brevetto, sempre di origine anglosassone, per il motore a stantuffo ausiliario.

Ed è qui che la storia del motore a scoppio di Barsanti e Matteucci interrompe la sua corsa e si colora di tinte fosche. Barsanti muore nel 1863, proprio nel momento in cui sarebbe dovuta partire la produzione dei motori su larga scala. Per Matteucci, colpito da frequenti esaurimenti nervosi, non fu possibile proseguire da solo: nonostante le certificazioni e i brevetti, i due lucchesi non ottennero mai la paternità dell’invenzione del motore a scoppio.