REDAZIONE LUCCA

Il bar “Tessieri“ riaperto dopo il clamoroso errore

Il titolare: "Una brutta avventura, ma ringrazio tutti, in primis la Prefettura, per aver ammesso e corretto subito lo sbaglio"

"Rancore? No, anzi gratitudine". Filippo Giambastiani, 40 anni, titolare del Bar Tessieri al 35 di via Santa Croce ci ha già messo una pietra sopra. L’errore della Prefettura che sabato gli ha imposto la chiusura per 30 giorni, in seguito a una doppia violazione (rivelatasi poi fantasma) del Dpcm, lo ha già dimenticato. Domenica gli uffici, come da noi anticipato, si sono accorti che il diktat era una svista e l’hanno convocato per scusarsi. Comunicandogli che il bar poteva riaprire. Sabato, dopo l’ordinanza notificata da due vigili, aveva chiesto aiuto al nostro giornale, raccontando la storia. Così domenica è arrivato il lieto fine: la Prefettura ha fatto gli straordinari e ci ha messo una toppa. Stavolta, migliore del buco.

"Ringrazio di cuore - dice Giambastiani - il prefetto Francesco Esposito e il viceprefetto Gabriella Folino per essersi corretti subito, hanno fatto di tutto domenica per verificare la situazione e rimediare". Ma soprattutto hanno mostrato il volto umano dello Stato. "Si sono scusati di persona, anche se l’errore non dipendeva direttamente loro e oggi (ieri ndr) hanno annullato ufficialmente l’ordinanza". Giambastiani dopo aver passato le 24 ore più buie degli ultimi 12 mesi, vuole che il suo grazie arrivi a tutti. Perché in in fondo a questa storia, ci ha visto onestà. Quella delle istituzioni impegnate a star dietro ai Dpcm che galoppano. "Ringrazio chi con umiltà ha ammesso l’errore. La svista è comprensibile, visto che sono affogati di verbali e il momento è difficile. Grazie anche ai vigili che mi hanno notificato l’ordinanza, dimostrando umanità in un momento tremendo. Ringrazio il mio avvocato Mario Petrocelli e la stampa che ci è stata vicina, mantenendo alta l’attenzione sulla vicenda". Ma ci tiene anche a lanciare un messaggio.

"Dovremmo riscoprire lo spirito che gli italiani mostrarono nel dopoguerra". Lo dice con occhi gentili e mani elettriche. A quelle mani piacerebbe scottarsi col vapore, mentre la schiuma del cappuccio monta nella tazzina. O far tintinnare il coccio di due espressi bollenti, porgere il resto a un cliente. Sorridergli. Invece quelle mani hanno versato gli ultimi 10 euro dell’affitto in contanti, visto che da bonificare restava poco. "Ora il problema sono le tensioni sociali, non c’è più paura della fame. Per molti c’è la fame e basta". La zona rossa gli ha tolto quasi tutto. "Ma non la voglia di sperare e collaborare. Con quello spirito abbiamo ricostruito un Paese. Ce la faremo di nuovo: dobbiamo essere tutti uniti. La politica in primis". Se ve lo dice uno che si è visto chiudere il bar senza fiatare, potete farlo anche voi. O forse no?

Claudio Capanni