
Riccardo Bergamini sulla vetta nella catena montuosa del Karakorum (Himalaya)
Lucca, 22 agosto 2025 – E’ appena rientrato a casa dopo l’ennesima impresa. L’alpinista lucchese Riccardo Bergamini è reduce da una nuova scalata in Pakistan nella catena montuosa del Karakorum (Himalaya). Il 7 agosto ha raggiunto e calpestato una vetta mai raggiunta da nessun uomo al mondo, una cima inviolata di circa 6400 metri; un’altra impresa che si va ad aggiungere a un curriculum che ormai si fa fatica a contenere in poche righe.
L’ultima avventura di Bergamini è iniziata poco sopra i 2500 metri della Valle di Kandy, un territorio semi sconosciuto, dove regnano culture e usanze locali distanti anni luce dal nostro mondo occidentale. Da lì è partita la scalata che era stata annunciata nel luglio scorso alla presenza del ministro dello Sport Abodi e del sindaco di Lucca Pardini.
L’obiettivo di salire una montagna inviolata e chiamarla Cima Italia è stato centrato, l’avventura è durata persino meno del previsto: pochi giorni, poco acclimatamento e la scalata effettuata direttamente senza campi intermedi. Cinque giorni di campo base interi, 4 chili di peso persi, circa 4500 metri di dislivello di salita senza contare gli altri 1400 metri di dislivello di salita per raggiungere il punto di partenza.
“È stato problematico trovare la via di ascesa – spiega al nostro giornale Bergamini – un su e giù fra crepacci e seracchi, il clima secco e il caldo giornaliero di questa estate pakistana hanno trasformato il ghiacciaio in un vero labirinto, con ghiaccio vivo, buchi enormi e seracchi da scalare. Ero molto teso prima della partenza dall’Italia e anche nei primi giorni di spedizione non possedevo la tranquillità necessaria. Il timore del fallimento mi perseguitava, del resto oggi il mondo giudica severamente (social in primis) senza condizione di causa e senza conoscenza. Per sconfiggere le paure e concentrarmi, mi sono totalmente chiuso in me stesso, estraniato da tutto e offline per giorni”.
Poi l’arrivo in vetta, con il tricolore donato dallo stesso ministro Abodi. “Sventolare il tricolore sulla sommità è stato emozionante – aggiunge – e mi ha ripagato per tutti i sacrifici che mi impongo per realizzare queste imprese. La sera del 7 agosto, rientrato dalla cima alla “civiltà” mi sono sciolto, ho chiamato casa con il satellitare, una breve telefonata per dire che stavo bene e che tutto era andato per il verso giusto, era andato tutto bene, anche stavolta”.
Il rapporto con la montagna, i rischi sempre presenti, l’avventura di Bergamini con queste imprese va oltre l’aspetto strettamente sportivo e tecnico. “La montagna – conclude – è un luogo di espressione profonda: ci mette di fronte ai nostri limiti, alle nostre paure e ci spinge a superarli. Ma non tutto è nelle nostre mani. Basta una pietra che si stacca sotto i nostri piedi, dalle nostre mani, una scarica improvvisa, un buco che si apre. Ovviamente l’esperienza aiuta, ma purtroppo a volte non basta e anche i migliori non ne sono indenni. La montagna è anche uno specchio: riflette chi siamo nei momenti più duri. E’ la vita che mi sono scelto e devo ringraziare Iddio di avermi concesso i talenti e la volontà di viverla profondamente e di mettermi in gioco provando emozioni non comuni alla maggior parte degli esseri viventi. E come tutti i sognatori, realizzata un’impresa tanto sognata, sono già alla ricerca della prossima avventura”.