ROBERTA DELLA MAGGESA
Cronaca

Il sogno del questore Salvo: “Vorrei un hub per stranieri dove poliziotti e mediatori facciano la cosa giusta”

A caccia di uno spazio esterno al palazzo di viale Italia dove dislocare l’ufficio immigrazione. “Ho bussato all’Agenzia del demanio e alla direzione Arte: aspetto l’insediamento del prefetto”

Stranieri in coda all’aperto di fronte all’ingresso dell’ufficio immigrazione, situato al piano terra della Questura della Spezia

Stranieri in coda all’aperto di fronte all’ingresso dell’ufficio immigrazione, situato al piano terra della Questura della Spezia

La Spezia, 5 dicembre 2024 – Sei mesi a capo della Questura della Spezia. Salvo, cosa è cambiato nella macchina organizzativa dopo il suo arrivo?

“Direi poco. La struttura era già ben oliata: tanto Lilia Fredella quanto Silvia Burdese che l’ha preceduta, colleghe alle quali mi lega un rapporto di grande amicizia, hanno lavorato benissimo. La macchina organizzativa merita di essere conservata, al netto delle evoluzioni della pianta organica. Quella di Spezia è un’ottima Questura”.

Qual è lo stato di salute della sicurezza in città?

“Il quadro è quello che accomuna le province di piccola e media grandezza. E i problemi sono legati alla microcriminalità diffusa, alla mancata integrazione, al disagio sociale. A paragone con Pisa (fino alla primavera scorsa Sebastiano Salvo ricopriva il ruolo di questore nella città della torre pendente, ndr.) penso che quella spezzina sia comunque una realtà che presenta meno criticità, anche, per esempio, sul fronte spaccio”.

Eppure, nel prendere congedo dagli spezzini l’ex prefetto Maria Luisa Inversini ha lanciato un allarme sul tema droga, rivolgendosi direttamente ai genitori: pare che il consumo di stupefacenti, anche nelle fasce più giovani, sia in preoccupante aumento. Qual è la situazione dal suo osservatorio?

“Più che dai dati di polizia questa constatazione emerge dalla lettura di altri fenomeni, prettamente sociali. Sicuramente la percezione che i giovani hanno del consumo, soprattutto in riferimento alle cosiddette droghe leggere, tende a sottovalutare la componente del pericolo”.

In altre parole, si è abbassata la guardia?

“C’è in corso un dibattito, anche a livello politico, sull’opportunità di liberalizzare le droghe leggere. E forse ci sono larghe fasce di opinione pubblica, peraltro ascrivibili a diverse correnti politiche, che ne minimizzano i danni. Quasi che fumare una canna equivalesse a bere un bicchiere di vino”.

Beh, il problema è che attorno alla commercializzazione delle droghe, per quanto ’leggere’ possano essere, si concentrano attività criminali di tutto rispetto...

“E sarà così finché non ci sarà la liberalizzazione: ogni mercato illecito attira inevitabilmente l’attenzione delle organizzazioni criminali”.

Parliamo di organici. Cosa può fare un questore per organizzare al meglio i servizi riducendo gli effetti negativi di un problema nazionale?

“Spezia al momento non ha problemi di carenza di organico: ci sono diversi parametri che vanno presi in considerazione per fare queste valutazioni – quadro demografico, eventuali criticità sul piano della pubblica sicurezza, concentrazione di stranieri – e la provincia spezzina è perfettamente allineata con altre realtà analoghe per dimensioni e caratteristiche. L’organico è adeguato. Certo, come altrove, risentiamo dell’onda lunga scatenata dal prolungato blocco del turn over. Molti agenti e funzionari oggi operativi non hanno potuto beneficiare di un adeguato affiancamento. Ma su questo aspetto possiamo fare ben poco: dobbiamo avere pazienza, aspettare e confidare nella brillantezza delle giovani leve”.

Le carenze sono anche logistiche e di spazio. Quali sono i settori in affanno?

“Il palazzo che ospita la Questura ha standard qualitativi che non si trovano facilmente in altre sedi. Sono in via di completamento anche i lavori di ampliamento del commissariato di Sarzana, che sarà pienamente operativo entro la fine di gennaio. Ma nella sede di viale Italia alcuni ambienti, come il front office dell’ufficio immigrazione, attualmente localizzato al piano terra dell’edificio, risentono dei trent’anni di operatività. Il flusso è notevole, anche perché su quei locali insistono contemporaneamente la seconda sezione, quella che si occupa dei permessi di soggiorno, e la quarta, deputata invece a gestire la partita degli asili: la richiesta di assistenza ha avuto una crescita esponenziale dal punto di vista dei numeri e gli spazi a disposizione sono veramente limitati, tanto che la gente è costretta ad attendere all’esterno, in condizioni sicuramente poco dignitose, e la macchina del servizio reso al pubblico risulta comunque molto rallentata. Bisognerebbe trovare una sede alternativa”.

Ha avuto interlocuzioni con altre amministrazioni, anche locali, per individuare possibili soluzioni?

“Solo informali, perché, come tutta la città, sto aspettando l’insediamento del nuovo prefetto, che su questi temi è la prima istituzione di riferimento. Mi sto comunque muovendo. Ho fatto alcuni passaggi con l’Agenzia del demanio per verificare l’eventuale disponibilità di locali che facessero al caso nostro, ma non è emerso per ora niente di significativo. Sul fronte della locazione passiva ho provato ad aprire un canale di dialogo con la direzione Arte”.

Cosa cercate, in particolare?

“Sul tema immigrazione bisogna lavorare su un doppio binario: da un lato accelerare le procedure espulsive a carico di chi è sul territorio senza avere i requisiti, e che magari delinque; dall’altro, creare le migliori condizioni di inserimento per i tanti, tantissimi stranieri che lavorano regolarmente: senza la loro manodopera il nostro Paese semplicemente si fermerebbe, non avrebbe un futuro”.

Politiche per l’integrazione dei migranti, dialogo con il terzo settore, etica e trasparenza. Non sono parole tratte dal manifesto programmatico di un politico. Sono le parole che ha utilizzato il giorno del suo insediamento in viale Italia. Non è frequente ascoltarle da parte di chi ricopre il suo incarico. Spezia è convinta di avere un questore ‘progressista’. Si ritrova in questo identikit?

“Più che progressista, mi considero realista, nel senso che, al di là delle suggestioni ideologiche, sono chiamato a confrontarmi con problemi concreti. E se la mattina mi ritrovo un assembramento di cinquanta bengalesi davanti agli uffici della Questura, ho il dovere, anche morale di affrontare la questione e di provare a risolverla. La nostra stella polare deve essere la Costituzione e, indipendentemente da come uno la pensi politicamente, il tema dell’immigrazione va trattato con realismo, perché ha ricadute importanti sulla società e anche sulla sicurezza”.

Dunque?

“Il supporto del terzo settore è fondamentale: molti degli stranieri che bussano al nostro sportello non conoscono la lingua e hanno oggettive difficoltà nel compilare la documentazione. La Questura ha a disposizione un suo mediatore culturale, ma non è sufficiente. Per questo ho cercato di coinvolgere le associazioni del territorio, e ho fatto parecchi incontri con i caf di tutti i patronati, che si sono prestati a fare da filtro e che ci mettono a disposizione consulenti, segnalando anche i casi che meritano particolare attenzione. La sperimentazione è partita e sta funzionando piuttosto bene. Sarebbe bello coinvolgere anche la Caritas. Il mio sogno è quello di mettere in piedi un vero e proprio hub a servizio dei migranti: un grande spazio di accoglienza, esterno alla sede della Questura, dove i nostri funzionari possano svolgere serenamente i compiti che lo Stato ci assegna, riducendo i tempi di attesa e collaborando, fianco a fianco, con gli operatori del terzo settore: un grande spazio fisico dove lo straniero possa trovare tutti i servizi di cui ha bisogno e tutte le professionalità utili a sostenere la causa”.

Parliamo un po’ di lei. Che libri le piacciono? Qual è il suo autore preferito?

“Dipende dal genere. Massimo Recalcati mi interessa molto, perché è un lacaniano”.

Ma Recalcati scrive saggi. Niente polizieschi, dunque?

“Come no! Leggo volentieri anche i romanzi di Antonio Manzini su Rocco Schiavone. E sono un patito di Haruki Murakami: i suoi libri li ho letti tutti”.

È stato anche in Giappone?

“Non ancora, ma è un mondo che mi affascina molto”.

Va al cinema?

“Certo. Qua alla Spezia vado spesso al Nuovo, che ha un’offerta di grande qualità. Ci ho visto il film su Berlinguer”.

E si è commosso?

“Diciamo che mi sono rattristato. Ho ripensato a cos’era la politica un tempo e poi mi sono guardato attorno... E sì, la nostalgia è tanta”.

Che musica ascolta?

“Guccini, De Gregori, De Andrè, roba da vecchi”.

La sua compagna è una giornalista della Stampa, che vive e lavora ad Asti. Lei è di Genova. C’entra qualcosa Paolo Conte?

“No (ride, ndr.). Ci siamo conosciuti ad Asti, quando ero questore là. Lei era capo servizio della redazione. E con buona pace dei carabinieri (ride ancora, ndr.)...”

Spezia le piace? Cosa le manca per essere perfetta?

“Mi piace molto. L’unico neo è forse quello della distanza che si deve coprire per arrivare alla prima spiaggia utile”.

Però, quando poi uno ci arriva...

“Beh, quando uno ci arriva è la grande bellezza”.