CHIARA TENCA
Cronaca

L’enclave ’bimare’. Il fascino di Campiglia fra turismo lento e un futuro da scrivere

Da una parte il Golfo, dall’altra Tramonti con vigneti e muretti a secco. Chi nasce in questa ’perla’ alla fine non può fare a meno di tornarci. I problemi? Il trasporto pubblico e le case sempre più a peso d’oro.

Da una parte il Golfo, dall’altra Tramonti con vigneti e muretti a secco. Chi nasce in questa ’perla’ alla fine non può fare a meno di tornarci. I problemi? Il trasporto pubblico e le case sempre più a peso d’oro.

Da una parte il Golfo, dall’altra Tramonti con vigneti e muretti a secco. Chi nasce in questa ’perla’ alla fine non può fare a meno di tornarci. I problemi? Il trasporto pubblico e le case sempre più a peso d’oro.

Un’enclave che non è per tutti, ma va conquistata, sia che la si raggiunga a piedi con infinite rampe di scale, sia che si arrivi in auto, curva dopo curva. Ma quando si arriva a quei 400 e oltre metri sul livello del mare, ecco che si schiude una meraviglia: Campiglia, gioiello ancora preservato dall’ondata del turismo di massa che, nonostante le criticità, conserva forte il suo spirito, tanto che chi vi nasce non può fare a meno di tornarvi. Lo sa bene Enrico Canese – detto ’il sindaco’, che ha scelto di continuare a vivere nel suo paese di un centinaio di anime, dove presiede la combattiva associazione ’Campiglia domani’ impegnata per un futuro migliore e il ripristino dei servizi; lo sa anche Romano Giacché: se n’è andato poco lontano, a Fabiano, ma torna ogni volta che può e non può fare a meno di ricordare la sua infanzia qui, zoccoli ai piedi, legnetto in mano da sfregare per scaldarsi, tappini per giocare.

E lo sa anche Piero Lorenzelli, attivissimo ed entusiasta come un bimbo, che racconta le leggende dei saraceni e del cimitero dove sarebbero sepolti e per onorare il suo paese ha coniato il neologismo ’bimare’: da una parte c’è il golfo, dall’altra il mare di Tramonti sotto i vigneti e i muretti a secco. E lo sa anche quello che arriva da più lontano, Mario Sturlese: si è trasferito a Barcellona, ma nella sua memoria sono nitide quelle mattine di lunghe camminate a piedi per raggiungere la scuola; guarda beato quei colori vividi, sembra che non siano mai abbastanza debba farne il pieno prima di ripartire alla volta della Catalogna, accompagnato dalla moglie Montserrat Guerrero, dal figlio e dalla nuora. Facile farsi prendere dalla meraviglia qui, dove inizia un lembo del parco nazionale delle Cinque Terre, dove il borgo è crocevia di alcuni dei sentieri più belli della Liguria e non solo e ci si divide con ritmi lenti e in sintonia con la natura fra la chiesa di santa Caterina d’Alessandria (che ha regalato un affresco ritrovato grazie all’intuizione di Canese), il ristorante Piccoloblù immerso nel verde e lo storico La Lampara, il vecchio mulino, il bar-alimentari dove c’è sempre qualcuno disposto a chiacchierare, il cimitero e il borgo rimasto così immerso nel passato che alcune parti neanche sono raggiungibili in auto.

C’è la corriera che arriva con una manciata di corse al giorno, e forse è questo insieme alla difficoltà di raggiungere questa meta che ha salvato Campiglia dalle masse. Gli abitanti sono pochi, il ricambio anche meno: ormai le abitazioni, con 50 posti letto nei bed and breakfast e le seconde case pagate dai ’foresti’ a peso d’oro sono rare e a prezzi proibitivi. Per non parlare dei servizi che mancano e della trascuratezza, che colpisce perfino il lastricato davanti alla chiesa. Così, se da una parte la bellezza la fa da padrona insieme al turismo lento e dei numeri bassi, questo paese "come un anfiteatro", "rimasto allo stato embrionale" dicono i suoi figli, nel 2025 resta in bilico fra il paradiso e la decadenza. Con un futuro tutto da scrivere.