REDAZIONE LA SPEZIA

La scomparsa di Tito Favi, presidente dell’Unione industriali nel dopoguerra

Prese in mano le redini dell’associazione in una fase particolarmente difficile

Se ne è andato nei giorni scorsi, a 102 anni, Tito Favi, già direttore dell’ Unione industriali (oggi Confindustria La Spezia) che guidò fino alla metà degli anni ‘70. Fu l’esponente dell’allora fortissima componente legata alla cantieristica portuale, soprattutto quella delle demolizioni. A lui, un passato di partigiano nel Parmense (dove conobbe la moglie che gli diede un figlio, Vittorio, scomparso anni fa) toccò la gestione di un periodo difficile, a partire dagli anni 50 quando le aziende a partecipazione statale, per scelta politica nazionale, lasciarono Confindustria dando vita a Intersind. Anche Spezia soffrì molto questa fase, considerato il peso di quel comparto nell’Unione. I numerosi imprenditori privati si strinsero alla loro associazione e si impegnarono per il rilancio dell’economia provinciale, che richiedeva particolare sensibilità politica, ma anche competenza e capacità decisionale, tutte doti che vennero individuate nell’allora giovane funzionario Tito Favi. Erano gli anni in cui il tessuto industriale della provincia era rappresentato da un folto numero di imprese, prevalentemente medio piccole, con due nuclei prevalenti, la metalmeccanica (e navalmeccanica) e il comparto edile. C’erano anche rilevanti realtà in altri settori, oggi scomparse, come la raffineria Shell, la Ceramica Vaccari, lo Jutificio Montedison, le aziende dei gruppi Merello e Baracchini nell’alimentare.

I nomi delle maggiori famiglie di industriali, alcune delle quali ancora oggi protagoniste, erano quelle dei Ferrari, Guidugli, Laviosa, Lazzeri, Pozzoli, Fusani, Rosa, Menicagli, Galeazzi, Cangini, Mussinelli, Di Sibio, Signani, Lombardi, Antonini, Faggian, Lotti, Biggi, Duvia, Cozzani, Cortesia, Marcianò, Boccacci, Lia, Filippi e tanti altri. Era l’epoca di forti conflitti sindacali e di fratture all’interrno della classe imprenditoriale. Il direttore Tito Favi ebbe un ruolo primario nel mantenere la barra dritta nella guida dall’Unione, ma col passare degli anni sulla scia della crescita dei "giovani" si aprì anche la stagione del conflitto generazionale e degli aspri contrasti con la vecchia guardia. Particolarmente dolorosa la frattura interna e la nascita di Confapi. Favi entrò in rotta di collisione, in particolare, con la gestione del ‘giovane rampante’ Piero Pozzoli, che lo accusava di posizioni conservatrici, e si arrivò al divorzio. Da allora Favi scomparve dalla scena pubblica e il suo posto fu preso da dirigenti di altra estrazione, fra gli altri Oriana, Rapalli, Parmeggiani, fino ad altri timonieri che hanno traghettato Confindustria ai nostri giorni. Franco Antola