La fine è arrivata. Anche gli irriducibili lasciano le baracche. Zona vietata da oggi

L’amarezza di Borio: "Un colpo al cuore e alla cultura borgatara". La nostalgia dei muscolai: "Qui il ricevimento del nostro matrimonio".

La  fine è arrivata. Anche gli irriducibili lasciano le baracche. Zona vietata da oggi

La fine è arrivata. Anche gli irriducibili lasciano le baracche. Zona vietata da oggi

C’è chi carica sulla macchina gli ultimi ricordi di una vita, mentre gli operai demoliscono senza particolari remore le poche ’baracche’ ancora in piedi sotto lo sguardo incuriosito di chi, per un’ultima volta, si concede una passeggiata in quello che è stato per lungo tempo luogo fonte di socialità e lavoro per un intero quartiere. Uno spazio sacrificato allo sviluppo portuale, quello della Marina del Canaletto, sul quale negli anni si è sviluppata anche una dura guerra legale tra l’Autorità portuale e molti concessionari. E che da oggi non è più accessibile. Gli ultimi ad andare via sono i Borio, canarini doc, muscolai da generazioni. La foto di Eugenio Borio – fondatore dell’azienda di famiglia nel 1889 – attaccata ai legni di una delle poche palafitte rimaste, è l’ultima cosa ’salvata’ dal trasloco forzato. "Ci tenevo particolarmente – dice con lo sguardo pieno di amarezza Eugenio Borio, discendente e presidente della cooperativa dei mitilicoltori spezzini –. Per noi è un colpo al cuore, la marina era casa. Per chi è del Canaletto, questi spazi e queste baracche erano tutto: hanno dato lavoro, qui si formò il primo vero nucleo di mitilicoltori di una certa consistenza, ma hanno rappresentato anche il centro della socialità e della cultura borgatara. Hanno levato il mare al quartiere: era proprio necessario? La decisione di fare questi lavori è stata presa anni fa, in un preciso momento storico, ma siamo sicuri che oggi ne valga la pena?".

Anche Nadia Maggioncalda, moglie di Eugenio e una delle pochissime donne in Italia che hanno abbracciato la professione di mitilicoltore, rilancia. "Qui abbiamo fatto anche il ricevimento del nostro matrimonio, nel 1989: queste palafitte e questa banchina ancora non c’erano – dice mentre cammina sul paiolato ormai usurato delle palafitte per andare a prendere le ultime cose nella baracca –. La città perde l’ultimo specchio di mare vissuto. Ora siamo davvero una città di mare senza mare. Questo trasloco lo stiamo vivendo come una violenza, hanno mutilato il quartiere strappandole le radici, e per cosa? Abbiamo perplessità sul futuro del porto: il tempo ci dirà chi aveva ragione, ma anche se dovessimo averla noi, a quel punto comunque non si potrà mai tornare indietro. Hanno prevalso gli interessi economici".

Nadia è un fiume in piena, e racconta come "tutto il quartiere veniva alla marina. Qui sono cresciute generazioni di canarini, era un punto di incontro. Pagliari (dove sono state trasferite le marine, ndr.) non è il nostro quartiere: non sarà mai la stessa cosa per chi come noi è cresciuto qui, bastava uscire di casa e farsi una passeggiata per godersi il proprio mare. C’è chi sta soffrendo tantissimo, come gli anziani del quartiere". Tanti i dubbi della famiglia sulla sistemazione a Pagliari. "Molti lavori devono ancora essere completati, non siamo pienamente soddisfatti anche sulle metrature che ci hanno assegnato – dice Borio – ma ci siamo sentiti di collaborare comunque con l’Autorità portuale perchè l’ente sta collaborando molto col settore della mitilicoltura". Poco distante, davanti al cancello di quella che è stata per decenni il quartier generale dell’azienda di famiglia, lo storico mitilicoltore Enzo Godani a stento trattiene la commozione. "Ricordo ancora quando qui veniva gente da tutta la città per fare il bagno, e i vivai ancora non erano alla diga; queste baracche le abbiamo costruite noi del quartiere; poi sono arrivati i primi riempimenti degli anni Cinquanta, quelli di inizio anni Novanta, lo sviluppo portuale e l’avvento della centrale Enel. La città poteva avere un altro futuro, ha scelto quello industriale. Arriverà una montagna di container davanti alle case? Può darsi, ma ci credo poco: in porto c’è tanto spazio libero, era proprio necessario questo intervento? A Pagliari alla fine non è male, ma qui si vedeva nascere il sole...".

Matteo Marcello