MARCO MAGI
Cronaca

Jethro Tull, “curiosi“ e leggendari: "La mente? Un hard disk quasi pieno"

La Spezia, al Festival del jazz l’unica data italiana dell’iconica band di Ian Anderson con il nuovo disco

La Spezia, al Festival del jazz l’unica data italiana dell’iconica band di Ian Anderson con il nuovo disco

La Spezia, al Festival del jazz l’unica data italiana dell’iconica band di Ian Anderson con il nuovo disco

di Marco Magi

L’unica data italiana del tour ‘The Curiosity’ dei leggendari Jethro Tull, è prevista per stasera al Festival internazionale del Jazz della Spezia. La band di Ian Anderson (nella foto) suonerà, alle 21.30, in piazza Europa, presentando live il nuovo disco ‘Curious Ruminant’.

Ian Anderson, cosa significa per voi tornare in Italia e farlo in un contesto come un festival jazz?

"Amo tutta l’Italia, anche se la mia preferenza va al Nord, è più fresco. Mi piace visitare cattedrali e chiese antiche per godere della solitudine e dell’elevazione spirituale. Da bambino ho iniziato a interessarmi al jazz delle big band e alla musica da chiesa, oltre che alla musica popolare scozzese. Ma poi il blues ha catturato la mia attenzione verso la metà degli anni ‘80".

Il nuovo disco è un lavoro che richiama la ‘curiosità’. Quanto conta questo sentimento?

"È ‘curioso’ nel senso di voler imparare qualcosa. Mi piace andare a letto la sera pensando: ‘Sono in possesso di un po’ più di conoscenza di quella che avevo ieri’. Poi lo ripasso nella mia testa e ci penso. È allora che cominci a contestualizzare le cose rispetto a chi sei e alla tua vita. Penso che questi due processi, la curiosità e la riflessione, siano distinti ma complementari. Insieme, contribuiscono a creare quello che sembra un hard disk quasi pieno".

Negli anni avete saputo combinare i generi musicali in modo unico. Come definirebbe oggi il suono dei Jethro Tull?

"Credo che fondere elementi di rock, folk e jazz possa creare esperienze musicali nuove ed emozionanti. Ma molte persone vogliono qualcosa di più semplice e puro come esperienza musicale. Quindi, blues, country, jazz anni ‘50 o altro. A me piace trovare una forma ibrida che soddisfi i miei gusti e le mie esigenze creative. Rock progressivo, folk progressivo: entrambi i termini indicano la musica che scrivo".

Le vostre canzoni storiche sono ancora amatissime. Come vive il rapporto con quel repertorio?

"Mi guardo indietro con stupore per essere stato in grado di scrivere e registrare una tale mole di lavoro. La maggior parte di esso mi sembra ancora molto buono. Lo sento continuamente lavorando a cofanetti e compilation, oltre che provando e imparando diverse canzoni per la scaletta attuale".

Cosa la spinge dopo oltre 50 anni di carriera, a scrivere, registrare, salire sul palco?

"L’essere diversi dalla maggior parte delle altre band, allora come oggi. Dopo mezzo secolo c’è una freschezza, che deriva dal fatto di eseguire la musica con nuovi componenti più giovani. Ma soprattutto, registrare e suonare, mi dà sempre un senso di unicità".