
Salvatore Iodice
La Spezia, 7 marzo 2015 - PER SCONTARE la pena ha scelto il carcere della Spezia, quello dove era stato direttore per venti anni, dal 1980 al 2000. Salvatore Iodice sabato mattina si è presentato lì, alla porta della casa circondariale di via Fontevivo, spontaneamente, senza attendere la notifica formale dell’atto che aveva tentato di contrastare: il verdetto della Cassazione che conferma la condanna emessa il 29 aprile scorso dalla Corte di appello di Genova a 5 anni e 3 mesi di reclusione per i reati rimasti in piedi fra quelli contestati nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Massa sugli appalti pilotati – a suon di tangenti, falsi e e truffe – nel carcere della città toscana, del quale Iodice fu direttore dal 2001 al 2014. Venerdì sera, per le vie brevi, Iodice ha saputo che il ricorso che aveva presentato alla Suprema Corte era stato dichiarato inammissibile. E così ha giocato d’anticipo sulla comunicazione ufficiale, presentandosi alla casa circondariale. «Una prova di dignità...» dice radio carcere, secondo la quale non sono mancate espressioni di incoraggiamento al detenuto eccellente da parte del personale che era stato alle sue dipendenze all’epoca della direzione della struttura, un’epoca caratterizzata da diverse iniziative per l’ottimizzazione del complesso carcerario, per il reinserimento sociale dei detenuti e anche da un’inchiesta della Procura della Spezia sull’assegnazione degli appalti: in quel caso non emersero elementi per portare Iodice a processo.
A MASSA, invece, la Procura raccolse le prove che diedero forma a di vari capi d’accusa, molti dei quali, sotto le bordate della difesa sviluppata dall’avvocato Riccardo Balatri, caddero in appello, innescando il taglio della pena rispetto alla condanna stabilita dal Tribunale di Massa a 6 anni di reclusione. Venerdì Balatri, fresco della nomina a cassazionista, si è battuto per l’annullamento della sentenza della Corte di appello ritessendo il filo del ricorso elaborato dall’avvocato Giuliana Feliciani, andando oltre. Ha infatti saldato alle eccezione sui difetti di motivazione rilevati nella sentenza di secondo grado una circostanza tesa a mettere in dubbio la terzietà dei giudici: un lungo passaggio della sentenza stessa riprende tal quale il testo della motivazione del verdetto emesso da altri giudici della Corte di appello nei confronti del coimputato Prospero Santa croce. Ma, come detto, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Il parallelo diventano definitive le pene inflitte agli altri ricorrenti: Stefano Tendola, ex geometra del provveditorato alle opere pubbliche, e Salvatore Cantone, ex contabile della casa circondariale, condannati rispettivamente 2 anni e a 18 mesi di reclusione.