REDAZIONE LA SPEZIA

Incursori in prima linea a Kabul "Bambini salvati dalla calca"

Il racconto di un operatore in congedo che ha raccolto le testimonianze provenienti dall’Afghanistan

Hanno salvato bambini dalla calca all’aeroporto di Kabul, prestato cure, offerto cibo, acqua, medicinali. Hanno aiutato a scappare quanti erano nelle liste di evacuazione e dato supporto a quanti, pur non essendo in quelle liste, erano arrivati allo scalo con la speranza di riuscire a salire su un volo. Tra le Forze speciali impegnate nel ponte aereo dall’Afghanistan nelle scorse settimane, c’erano anche i militari del Gruppo operativo subacquei ed Incursori (Comsubin) della Marina Militare (Fotogallery). A testimoniare il loro lavoro in prima linea per l’evacuazione della popolazione durante le drammatiche giornate consumate all’aeroporto di Kabul è Giuseppe Cossu, incursore della Marina Militare in congedo, che dà voce al grandissimo lavoro dei colleghi, una testimonianza preziosa dell’impegno svolto sul campo con determinazione e sacrificio dagli incursori del Goi, protagonisti dell’operazione umanitaria di evacuazione nello dello scalo aeroportuale. Lo ha fatto parlando all’agenzia AdnKronos, riavvolgendo il nastro di quei momenti. "Si sono trovati davanti uno scenario apocalittico dove migliaia di persone cercavano di varcare i cancelli ed entrare in aeroporto per trovare un porto sicuro - racconta - Hanno prestato cure e dato una mano, tirato fuori dalla calca bambini, senza entrare in conflitto con i talebani, presenti davanti ai muri. Hanno cercato di evacuare il più possibile tutte le persone presenti nelle liste e dato supporto a chi nelle liste non c’era, ma aveva bisogno di medicine, di cibo, di acqua, di supporto morale", afferma ancora. "Alcune donne disperate non riuscivano ad avvicinarsi ai gate, erano rimaste da sole perché i mariti, interpreti, erano stati già evacuati tempo fa e non pensavano di ritrovarsi nel giro di pochi giorni con le loro famiglie ricercate in Afghanistan - è il racconto riferitogli dagli interpreti e dagli amici afghani che grazie che sono riusciti a scappare in Italia - La base italiana era ad Herat, c’era chi ha fatto un viaggio della speranza, circa 30 ore di macchina fino a Kabul, per riversarsi nello scalo per tentare di prendere un volo".

Tra gli incursori della Marina Militare, che hanno contribuito a salvare numerose donne e bambini con spirito di sacrificio e determinazione, "c’è preoccupazione. Lì ci sono ancora tante persone che hanno bisogno di aiuto ed è impossibile agire. Qualcuno ha passato ammutolito il viaggio di rientro pensando alle persone rimaste lì, persone che hanno collaborato con il nostro Paese e ci hanno aiutato a portare a termine operazioni importanti".