
di Franco Antola
Dall’ambulatorio alla trincea di prima linea. Sembra passato un secolo, e invece sono trascorsi solo pochi mesi. Il Covid -19 ha cambiato la vita di tutti, sconvolgendo i rapporti umani e l’attitudine alla socialità. La paura del contagio ha scavato fossati e alimentato la diffidenza. Giada Bardelli, 46 anni, medico di famiglia, alle spalle un’esperienza nella guardia medica, ha vissuto sulla propria pelle il passaggio traumatico da una professione interpretata nel segno della "vicinanza", fisica e morale, con i pazienti a un rapporto inevitabilmente più asettico e impersonale, dove il telefono e la mail sono diventati gli strumenti prevalenti del contatto con le persone.
Dottoressa, come è cambiato, per lei, il modo di fare il medico?
"Non ho difficoltà a dire che la mia professione è stata letteralmente sconvolta. Certi ritmi di lavoro scanditi dalle visite a casa e dall’incontro con i miei pazienti in ambulatorio sono stati spazzati via dall’emergenza coronavirus. L’impegno oggi è senza soluzione di continuità con il telefono che squilla a tutte le ore, appesantito da gravosi adempimenti burocratici, oltretutto in continua evoluzione: scheda da riempire, moduli, richieste, ore passate al computer".
Come riesce a conciliare, in questa situazione, la professione con le esigenze familiari?
"Ho una bimba di sette anni che va a scuola, e se non ci fossero i nonni, per fortuna in buona salute, non saprei proprio come fare. Comunque, nonostante tutto, riesco a non trascurare la mia piccola".
La difficoltà maggiore che ha incontrato?
"Spiegare alla gente perché tutto è diverso da prima e che il rapporto con il medico è completamente cambiato, ma non per colpa nostra. Molti dei miei pazienti sono anziani e, come è comprensibile, hanno difficoltà a rapportarsi con questo nuovo approccio. Fino a pochi mesi fa il mio ambulatorio di Scalinata San Giorgio era un porto di mare, pieno di gente, e la visita diventava occasione per una chiacchierata. Ora si entra solo su appuntamento, lo studio è vuoto con la sottoscritta che si presenta con visiera, mascherina e camice. Questo forse l’aspetto che colpisce di più. Le visite, è ovvio, le facciamo lo stesso, ma i protocolli impongono di capire bene quali siano i reali problemi di chi si rivolge al medico per una visita. Anche perché le ricette ormai sono quasi tutte elettroniche".
L’aspetto che più le pesa, in questa situazione?
"Il fatto che le patologie diverse dal Covid - 19 siano passate in secondo piano, una situazione grave soprattutto per gli anziani che, come molti dei miei pazienti, sono malati cronici che richiedono un monitoraggio costante. In genere sono impauriti e spaesati. Molti di loro per le visite specialistiche sono costretti a ricorrere ai privati".
Come si regola quando un paziente le dice di aver paura di aver contratto il virus?
"Ora sono molti gli asintomatici e i protocolli iniziali sono saltati. Dal colloquio si cerca di capire bene come stanno le cose, verificando i sintomi. Se del caso, si fissa un appuntamento, poi si chiede il tampone sull’apposita piattaforma Polis. Il test attualmente viene effettuato, a parte le corsie preferenziali delle scuole, nel giro di tre giorni, anche se la durata dei tempi di attesa ultimamente è piuttosto variabile. Il referto con l’esito bisogna cercarlo poi su un’altra piattaforma e a quel punto lo si comunica al paziente, decidendo il percorso del trattamento".
Ci sono stati casi particolari legati al Covid nella sua esperienza?
"Purtroppo ho avuto un paziente deceduto a marzo. Così come ho avuto il piacere di curare una persona novantenne che ha superato la malattia senza necessità di ricovero. Attualmente ne ho in cura una cinquantina, di tutte le età".
Come si comporta con i suoi pazienti positivi in isolamento?
"Li sento, a seconda dei casi, ogni tot giorni. Se non si fanno vivi loro per telefono, li chiamo io per chiedere come stanno".
Come va con il vaccino anti-influenzale?
"Esaurita la prima fornitura aspettiamo la nuova, che però sta tardando. Sabato (ieri, ndr.) per esempio ho dovuto cancellare tutti gli appuntamenti che avevo preso per quel giorno".
E per i dispositivi?
"Ci sono stati forniti per la campagna vaccinale: una visiera, camici monouso e mascherine chirurgiche. Le Ffp2 ce le siamo comprate, altre le ha messe a disposizione l’Ordine".