
Il tribunale della Spezia. Il cognato è stato condannato al maxi risarcimento
La Spezia, 28 luglio 2025 – Stava stendendo i panni sul terrazzo quando, all’improvviso, ha perso l’equilibrio, precipitando nel vuoto. Una tragica fine, quella di una giovane donna di 28 anni, sposata e madre di bambino di pochi anni, sulla quale nei giorni scorsi si è pronunciato il Tribunale civile della Spezia, che ha condannato il fratello del marito – cognato della donna –, proprietario della casa in cui avvenne l’incidente e nella quale da qualche giorno era ospite la famiglia. Il giudice Nella Mori ha disposto un risarcimento di 367.634 euro al marito della donna deceduta, e di 391.100 euro al figlio minore: somme che su disposizione dello stesso tribunale saranno liquidate dalla compagnia presso cui il fratello aveva stipulato l’assicurazione.
A promuovere la causa, sostenuto dall’avvocato Giovanni Di Sibio, era stato lo stesso marito della donna morta, nella convinzione che la causa del tragico evento fosse da individuarsi nell’altezza della ringhiera del balcone dell’appartamento, di poco più di novanta centimetri, non rispettosa delle norme di legge e, pertanto, pericolosa. La consulenza tecnica d’ufficio disposta dalla giudice ha evidenziato che la ringhiera aveva un’altezza media di 92 centimetri, mentre la normativa di settore introdotta nel 1989 e poi aggiornata dieci anni dopo – comunque successiva alla costruzione della palazzina – prevede per ringhiere e parapetti un’altezza minima di un metro. Normativa che è stata presa in esame dal giudice come “autorevole termine di paragone per ritenere, ai fini della valutazione di sussistenza o meno del nesso causale tra la misura della ringhiera e la morte della donna, che il parapetto del terrazzo, alto 92 centimetri, fosse connotato da intrinseca pericolosità”.
Il giudice ha ritenuto che il balcone “fosse connotato da una intrinseca pericolosità tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, la caduta della persona che, nell’atto di stendere o ritirare i panni, doveva appoggiarsi e sporgersi dalla ringhiera del balcone; non consta che il proprietario custode, indipendentemente da qualsivoglia obbligatorietà, abbia mai pensato di rendere più sicura la sua ringhiera oppure prevenire il pericolo con adeguate misure di sicurezza o segnalazioni di pericolo, esercitando i poteri di vigilanza che gli competono”. Così la certificazione del nesso causale tra l’incidente mortale e la cosa in custodia, e di conseguenza della responsabilità del fratello quale esclusivo custode del balcone, con la condanna al risarcimento per danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, e con il giudice che ha contestualmente condannato una compagnia di assicurazioni a tenere indenne la persona condannata per tutte le somme.
Matteo Marcello