
Sarah Pesca porta in scena. ’Anna Cappelli’ al Levanto Music Festival Amfiteatrof
‘Anna Cappelli’ è l’ultimo testo scritto da Annibale Ruccello prima della sua tragica e prematura scomparsa datata 1986. Un monologo femminile – composto da sette monologhi – in cui l’assenza degli altri personaggi si rivela presenza. Verrà presentato stasera, alle 21.30 all’Auditorium dell’Ospitalia del Mare per la nuova tappa del Levanto Music Festival Amfiteatrof, dalla duttile attrice Sarah Pesca, con la regia di Fausto Cosentino. In verità, più che un monologo, ‘Anna Cappelli’ potrebbe definirsi un immaginario dialogo a più voci. Una commedia a più personaggi tutti ‘visibili’, per merito di una tecnica drammaturgica capace di materializzare le assenze. In un inquietante interno domestico si svolge una storia, dal tono degenerato fino al limite dell’irreale, dell’incubo, del grottesco, svelata in tutte le sue sfaccettature.
La storia è ambientata negli anni ’60. Anna è un’impiegata che vive in una camera in affitto ed è alla ricerca di un progetto di felicità legato all’amore. Vuole un uomo e, soprattutto, una casa tutta sua ma, dopo l’abbandono da parte del compagno, la sua reazione sarà violenta e teneramente straziante. Anna è una donna in lotta con i suoi demoni. Una vittima del suo tempo, della condizione della donna negli anni ’60: vittima di una società e di una morale che rifiuta, ma che non ha la forza di combattere e da cui non riesce a emanciparsi.
"Le emozioni che Ruccello ci ha lasciato sono così tangibili da diventare fisiche – spiegano i promotori – . Ecco, infatti, la grande peculiarità di questo autore: fisicizzare i sentimenti dei disadattati e dei reietti. ‘Anna Cappelli’ è un crudo e implacabile spaccato dell’Italia dominata dalla sovrastruttura di una morale cattolica che Ruccello stigmatizza; è un testo essenziale, nel senso che va all’essenza del sentire umano". Una pièce che mostra sentimenti, veri o presunti.
"Un testo con queste caratteristiche suggerisce di leggerlo in maniera essenziale, simbolica e straniata, in un allestimento scarno e descrittivo, cercando di far coincidere le suggestioni di Ruccello con una certa epicità brechtiana. È una storia femminile tra emancipazione e orrore che, a distanza di quasi quarant’anni, conserva immutata una forza contemporanea".
Marco Magi