
Accanto all’attività di allevamento dei bovini, forse la più conosciuta fra quelle del Parco, adesso prende spazio anche quella di frutticoltura
Pesche, albicocche, susine, mirtilli e le inconfondibili ’cosce di monaca’: è una frutta tutta locale e tutta di stagione quella che nasce e matura sotto il sole della Maremma, all’interno del Parco della Maremma. Prodotti che parlano di territorio, di sostenibilità e di un’agricoltura che riesce a coniugare tutela ambientale e sviluppo economico. Un esempio concreto di come la valorizzazione delle produzioni locali possa diventare motore per l’economia e strumento per la difesa del paesaggio.
A cinquant’anni dalla nascita del Parco della Maremma, il presidente Simone Rusci sottolinea proprio questo aspetto. "L’idea – spiega Rusci – che una zona protetta rappresenti un ostacolo allo sviluppo è ormai superata. Oggi possiamo dire con chiarezza che il Parco è un vero laboratorio di sostenibilità, dove le aziende agricole riescono a produrre qualità, rispettando la biodiversità e contribuendo a costruire un modello replicabile anche altrove".
La frutticoltura, spesso meno conosciuta rispetto ad altre produzioni del Parco (come l’allevamento di bovini e ovini o la cerealicoltura) rappresenta invece una filiera in crescita. Sono circa 40 gli ettari coltivati a frutteto — l’1,26% dei 9.800 ettari totali del Parco — e nel 2024 queste coltivazioni hanno prodotto oltre mille quintali di frutta, venduta a chilometro zero, nei mercatini locali, direttamente in azienda o utilizzata nella ristorazione agrituristica. A oggi, le aziende agricole all’interno del Parco sono 114, ma l’intero sistema comprende oltre 500 soggetti, considerando anche le attività nell’area contigua. Come ricorda l’agronomo Andrea Machetti, "il Parco della Maremma è un caso virtuoso in cui la natura non viene sacrificata in nome del profitto – spiega Machetti –, ma anzi diventa valore aggiunto per chi lavora la terra. Gli agricoltori sono custodi del paesaggio e promotori di buone pratiche".
I dati lo confermano, ma è soprattutto l’esperienza diretta a raccontare la qualità di questi prodotti, la cura con cui vengono coltivati e il forte legame con la terra. Il marchio Parco, insieme alla qualifica di esercizio consigliato, serve proprio a valorizzare le aziende che operano in modo coerente con i principi di tutela ambientale e sostenibilità. Una garanzia che il consumatore riconosce e apprezza sempre di più, soprattutto quando si parla di cibo sano, locale e genuino. E la frutta ne è l’emblema perfetto: dolce, colorata, colta a mano e spesso acquistabile direttamente in azienda.
Ma queste attività non vivono isolate. Sono strettamente connesse a un sistema di accoglienza turistica che ha saputo crescere senza snaturarsi. Molte aziende con marchio Parco offrono ospitalità agrituristica e ristorazione, trasformando il soggiorno in un’esperienza autentica: chi sceglie la Maremma per una vacanza, spesso diventa anche consumatore fidelizzato, portando a casa non solo i ricordi, ma anche i sapori di una terra che ha fatto della qualità una bandiera. "La nostra visione – spiega ancora Rusci – è quella di un territorio che sa raccontarsi attraverso i suoi prodotti. La frutta del Parco è parte integrante di questa narrazione, ed è la prova concreta che natura e agricoltura possono e devono convivere".