NICOLA CIUFFOLETTI
Cronaca

Parco della Maremma. Siamo arrivati alla frutta. Ed è una bella notizia

Pesche, albicocche, susine e mirtilli: i nuovi ’tesori’ delle aziende. Rusci: "Agricoltura di qualità a chilometro zero per residenti e turisti".

Accanto all’attività di allevamento dei bovini, forse la più conosciuta fra quelle del Parco, adesso prende spazio anche quella di frutticoltura

Accanto all’attività di allevamento dei bovini, forse la più conosciuta fra quelle del Parco, adesso prende spazio anche quella di frutticoltura

Pesche, albicocche, susine, mirtilli e le inconfondibili ’cosce di monaca’: è una frutta tutta locale e tutta di stagione quella che nasce e matura sotto il sole della Maremma, all’interno del Parco della Maremma. Prodotti che parlano di territorio, di sostenibilità e di un’agricoltura che riesce a coniugare tutela ambientale e sviluppo economico. Un esempio concreto di come la valorizzazione delle produzioni locali possa diventare motore per l’economia e strumento per la difesa del paesaggio.

A cinquant’anni dalla nascita del Parco della Maremma, il presidente Simone Rusci sottolinea proprio questo aspetto. "L’idea – spiega Rusci – che una zona protetta rappresenti un ostacolo allo sviluppo è ormai superata. Oggi possiamo dire con chiarezza che il Parco è un vero laboratorio di sostenibilità, dove le aziende agricole riescono a produrre qualità, rispettando la biodiversità e contribuendo a costruire un modello replicabile anche altrove".

La frutticoltura, spesso meno conosciuta rispetto ad altre produzioni del Parco (come l’allevamento di bovini e ovini o la cerealicoltura) rappresenta invece una filiera in crescita. Sono circa 40 gli ettari coltivati a frutteto — l’1,26% dei 9.800 ettari totali del Parco — e nel 2024 queste coltivazioni hanno prodotto oltre mille quintali di frutta, venduta a chilometro zero, nei mercatini locali, direttamente in azienda o utilizzata nella ristorazione agrituristica. A oggi, le aziende agricole all’interno del Parco sono 114, ma l’intero sistema comprende oltre 500 soggetti, considerando anche le attività nell’area contigua. Come ricorda l’agronomo Andrea Machetti, "il Parco della Maremma è un caso virtuoso in cui la natura non viene sacrificata in nome del profitto – spiega Machetti –, ma anzi diventa valore aggiunto per chi lavora la terra. Gli agricoltori sono custodi del paesaggio e promotori di buone pratiche".

I dati lo confermano, ma è soprattutto l’esperienza diretta a raccontare la qualità di questi prodotti, la cura con cui vengono coltivati e il forte legame con la terra. Il marchio Parco, insieme alla qualifica di esercizio consigliato, serve proprio a valorizzare le aziende che operano in modo coerente con i principi di tutela ambientale e sostenibilità. Una garanzia che il consumatore riconosce e apprezza sempre di più, soprattutto quando si parla di cibo sano, locale e genuino. E la frutta ne è l’emblema perfetto: dolce, colorata, colta a mano e spesso acquistabile direttamente in azienda.

Ma queste attività non vivono isolate. Sono strettamente connesse a un sistema di accoglienza turistica che ha saputo crescere senza snaturarsi. Molte aziende con marchio Parco offrono ospitalità agrituristica e ristorazione, trasformando il soggiorno in un’esperienza autentica: chi sceglie la Maremma per una vacanza, spesso diventa anche consumatore fidelizzato, portando a casa non solo i ricordi, ma anche i sapori di una terra che ha fatto della qualità una bandiera. "La nostra visione – spiega ancora Rusci – è quella di un territorio che sa raccontarsi attraverso i suoi prodotti. La frutta del Parco è parte integrante di questa narrazione, ed è la prova concreta che natura e agricoltura possono e devono convivere".