CRISTINA RUFINI
Cronaca

La ’mano’ dei Casalesi. Nella relazione Piantedosi l’inchiesta ’Riviera’

Al centro delle indagini un’impresa edile riconducibile alla criminalità organizzata. Il ministro dell’Interno l’ha citata in un intervento alla Camera dei deputati .

Il ministero dell’Interno, Matteo Piantedosi

Il ministero dell’Interno, Matteo Piantedosi

FOLLONICAAttenzione focalizzata sui reati finanziari che vengono ritenuti una ’spia’. Società create ad arte, beni che spariscono, false fatturazioni. Ma anche evasione fiscale e bancarotta. Reati che conosciamo, spesso agli onori delle cronache e che vengono considerati comuni ma che, sotto la lente della Direzione distrettuale antimafia della Toscana, del nucleo Pef della guardia di finanza e del Gico raccontano molto altro. I tentacoli della criminalità organizzata che si infiltrano nei territori ritenuti ’appetibili’ E la Maremma, in alcune sue zone, lo è. Da molto tempo. La provincia di Grosseto non è immune. Le mani dei Casalesi sull’edilizia non sono certo una novità da svelare, ma che i suoi tentatocoli raggiungano così saldamente anche la Maremma, un poì di più. Soprattutto quando lo leggiamo vergato nero su bianco su pagine di atti d’inchiesta.

È l’operazione ’Riviera’ della Guardia di finanza e della Dia ad essere finita nella relazione semestrale sulla presenza della criminalità organizzata in Italia presentata dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi alla Camera dei deputati.Indagine che nel settembre 2024 portò al sequestro preventivo e per equivalente di beni e disponibilità finanziarie per un valore di quasi 800mila euro nei confronti di 10 persone che lavoravano nell’edilizia. Un’inchiesta importante che però non è mai balzata fino ad ora sotto i riflettori. Il collegamento principale tra Maremma e Casalesi sarebbe quello fra un quatntaquattrenne di Maddaloni, chiamato ’O’ Califfo’, considerato dalla procura di Firenze vicino al clan dei Casalesi e un sessantacinquenne originario di Casaluce (Caserta) ma residente a Marina di Grosseto, che – secondo le indagini – avrebbe, tramite prestanomi, costituito società con lo scopo di riciclare denaro. Al centro dell’inchiesta della Dia, era finita un’impresa edile riconducibile all’imprenditore che vive in Maremma e che, attraverso altre società, avrebbe reimpiegato 300 mila euro provenienti proprio dall’attività del clan. Attività, quella scoperta dalla Direzione distrettuale antimafia che veniva svolta tra Grosseto e l’Argentario. È soprattutto l’alta Maremma, il territorio tra Follonica, Scarlino e Gavorrano, ad essere citato dal ministro Piantedosi nella sua relazione. Territorio nel quale risultano presenti "soggetti o attività riconducibili ai Casalesi".Edilizia, turismo, ristorazione. Un territorio ricco di attività dove la presenza di appartenenti - o anche solo contigui - alla criminalità organizzata non è considerata una novità e che viene citata anche nella relazione alla Camera.