REDAZIONE GROSSETO

Gino Parrini La pittura e il territorio selvaggio

Si sente ripetere spesso il leitmotiv della Maremma aspra e selvaggia. Se oggi lo scenario è in buona parte cambiato, un secolo fa l’ambiente era davvero naturale e impervio, fatto di macchie e paludi. Questa realtà ha ispirato la vita e l’arte di Gino Parrini. Nato a Grosseto nel 1899, Gino manifesta sin da giovane una forte attrazione per i paesaggi nostrani e cerca di riprodurli su tela. Privo di un maestro che lo indirizzi, riesce a seguire un corso serale di pittura a Firenze sotto la guida del pittore Bausi. Nel 1922 inizia a frequentare lo studio grossetano di Paride Pascucci, di cui diventa grande amico e collaboratore, fino a che non trova la sua strada artistica sulla scia dei pittori francesi di fine ’800. Nel 1928 organizza una mostra personale nel capoluogo; negli anni ’30 partecipa alle sindacali interprovinciali e poi alla prima interprovinciale fiorentina. Nel 1941 espone le sue opere alla Galleria Grande di Milano. Nel dopoguerra aderisce al Circolo Artistico grossetano ed espone nelle collettive della ‘Chimera’. Negli anni ’50, inizia una fase di isolamento, che si nota anche nei suoi lavori dove contiene l’intensità dei colori. Parrini scompare nel 1971, lasciandoci le sue opere, come il quadro di grandi dimensioni, raffigurante una scena campestre, esposto in sala Pegaso.

Rossano Marzocchi