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Il personaggio. Dall’orrore dei Georgofili a Rigopiano: 30 anni da pompiere in prima linea

Maurizio Maleci, caposquadra dei vigili del fuoco va in pensione / GUARDA IL VIDEO

Maurizio Maleci di fronte all’unità comunicazione d’emergenza allestita ad Amatrice, durante il terremoto

Firenze, 4 dicembre 2017 -  SONO le 2 di notte del 26 maggio 1993. Il cuore di Firenze si è appena svegliato grondante di sangue, colpito a morte dai 277 chili di tritolo che hanno sventrato via dei Georgofili, uccidendo 5 persone. Maurizio Maleci, nato a Firenze nel 1957 storico caposquadra dei vigili del fuoco, all’epoca 24enne, è il primo a entrare dentro gli Uffizi con una telecamera, la sua Sony 1000. Documenterà i danni della bomba e il dolore di una città in ginocchio. Fotogrammi rarissimi entrati nella storia. Oggi, a pochi giorni dal suo pensionamento dopo 30 anni di servizio vissuti come caposquadra e addetto alle relazioni con i media, sono ancora un ricordo da brivido.

Maleci cosa ricorda di quel giorno?

Ero stato dentro gli Uffizi, di giorno, da visitatore. Entrarci di notte con il buio pesto e la telecamera è stata un’esperienza dura. I corridoi erano spettrali: i danni enormi. Mentre camminavo verso piazza della Signoria, calpestavo i vetri dell’esplosione che erano arrivati fin lì.

Stava entrando nella storia...

Al momento sembrava una fuga di gas, non sapevamo a cosa stavamo andando incontro. Sotto le macerie trovammo il corpicino di Caterina Nencioni: porterò sempre con me quell’intervento, nonostante l’importanza di ognuno di loro sia la stessa.

Caterina è stato il nome che poi ha dato a sua figlia

Sì...

Dalla cinepresa fino alle chat di Whatsapp con le quali divulgare informazioni alla stampa. Come è nata l’idea di riprendere gli interventi dei vigili del fuoco?

E’ stato un impulso naturale. Nessuno dei miei superiori mi ha mai ostacolato. Ci accorgemmo subito nei primi anni ‘90 che nonostante le difficoltà del montaggio analogico, quei contributi avevano un grande valore documentale.

Qual è stato l’intervento più doloroso da affrontare?

Dal 1987 a oggi ho partecipato a molte missioni. Non c’è ne è stata una più dura perché cerchiamo di avere empatia ma lavorare in maniera distaccata. Certo l’alluvione della Garfagnana nel 1996, quella di Albinia e poi il terremoto dell’Aquila e di Amatrice sono state esperienza non facili. Con alcuni colleghi siamo stati consulenti dell’agenzia per la distruzione delle armi chimiche dell’Onu.

Cosa le hanno lasciato?

L’importanza del lavoro di squadra: quello che impariamo fin dalle scuole centrali quando ti insegnano a montare sulla scala che si appoggia alla parete. Tutti hanno il loro ruolo e ognuno ha la stessa importanza degli altri. Noi non andiamo al lavoro ma in servizio.

Di cosa hanno bisogno oggi i vigili del fuoco?

Di una cosa sola: più persone.

Cosa farà adesso in pensione?

Principalmente formazione, cercando di divulgare il patrimonio di esperienza accumulato. Il nostro non è un lavoro considerato usurante ma a 60 anni dobbiamo lasciare: chi ha 59 anni durante gli interventi deve correre come chi ne ha 18. E poi sono anni che devo imbiancare casa di mia moglie. Credo che partirò da lì.