Don Vincenzo
Arnone *
Firenze è davvero il centro della vita politica e intellettuale d’Italia; qui si vive un’altra atmosfera, di cui non si potrebbe farsi un’idea chi non l’avesse provata, e per diventare qualcosa bisogna vivere a contatto di queste illustrazioni, vivere in mezzo a questo movimento incessante, farsi conoscere, respirare l’aria insomma. Ti ripeto è indispensabile incominciare di qui la propria strada. E’ un passaggio di una lettera che Giovanni Verga, da Firenze, scrive alla madre Caterina, nel 1865, quando venticinquenne, viene a contatto con la vivacità culturale del capoluogo toscano e dove poi si trasferirà nel 1869 per tre anni. Ne parliamo in occasione del centenario della morte del grande scrittore, avvenuta a Catania il 27 gennaio 1922. E Firenze in quel periodo era quanto di più ricco poteva offrire una città italiana: era capitale d’Italia, cadeva il centenario della nascita di Dante, si diffondeva il movimento dei Macchiaioli, c’era un centro di “raccolta di scrittori” al caffè Michelangelo, era già aperto da diversi anni il Gabinetto Vieusseux con la immensa possibilità di consultazione di giornali e libri, e la Badia Fiorentina suscitava un movimento di studi religiosi di grande interesse. Verga viene introdotto nei salotti letterari da Mario Rapisardi e in casa del letterato veneto Francesco Dall’Ongaro incontra Prati, Aleardi, Maffei, Fusinato, Capuana con cui stringe fraterna e lunga amicizia, politici come l’anarchico Bakunin,la diciottenne Giselda Fojanesi, moglie di Rapisardi. E a Firenze sottopone al giudizio di amici e scrittori affermati i suoi primi lavori. E amiamo immaginare il giovane scrittore seduto al tavolo del caffè Michelangelo che sognando la sua Catania, scriva le prime cosette prima di inseguire i progetti più grandi, i capolavori: Mastro don Gesualdo e I Malavoglia.
* Sacerdote e scrittore