ANDREA SPINELLI
Cronaca

Un tuffo nel passato che sa di futuro. In scena la magia degli Afterhours

il tour della band fa tappa stasera a Firenze. Il frontman Manuel Agnelli: "Abbiamo ritrovato l’entusiasmo"

il tour della band fa tappa stasera a Firenze. Il frontman Manuel Agnelli: "Abbiamo ritrovato l’entusiasmo"

il tour della band fa tappa stasera a Firenze. Il frontman Manuel Agnelli: "Abbiamo ritrovato l’entusiasmo"

Ancora iene, ma non più tanto piccole. Vent’anni dopo, quello che per gli Afterhours fu un disco di "disorientamento" mantiene intatta, o quasi, la sua forza evocativa e diventa il presupposto del tour che li vede impegnati domani all’Anfiteatro delle Cascine. Complice l’anniversario a cifra tonda, infatti, “Ballate per piccole iene” è appena tornato sul mercato in versione rimasterizzata da Giovanni Versari. "Un’occasione d’oro per dargli nuova vita", ammette Manuel Agnelli che per l’occasione si presenta accompagnato dalla formazione degli After di allora, ovvero Dario Ciffo a chitarra e violino, Andrea Viti al basso e Giorgio Prette alla batteria.

"Sono molto soddisfatto perché questa ristampa ha una profondità, una trasparenza, una definizione, una pasta di suono che il mastering originale non aveva". In concerto pure alla Rocca Maggiore di Assisi il 3 agosto, la band recupera brani come “La sottile linea bianca” e “Ballata per la mia piccola iena” per spingerli in avanti. “La ristampa dell’album ci ha dato una nuova opportunità, permettendoci di ritrovare quell’entusiasmo se si vuole ‘infantile’ divenuto nel tempo la cosa che mi mancava di più”.

Un tuffo nel passato che sa di futuro. "Abbiamo iniziato il nostro cammino come disturbatori in un’Italia abbastanza diversa da quella di oggi. Andavamo sul palco vestiti da bambine con le treccine e le gambe pelose a suonare pezzi molto pesanti. Ci piaceva provocare non tanto per il gusto di farlo, ma perché nella musica, nonostante Cccp e altre esperienze, mancava un po’ quel tipo di attitudine".

Poi? "Le cose cambiarono nel ’97 quando uscì il nostro quinto album ‘Hai paura del buio?’ perché iniziammo a trovare locali pieni e a sentirci cool. All’inizio fu fantastico, visto che dopo gli anni di gavetta vera (da topi di fogna, direi, se è vero che in un paio di occasioni prendemmo perfino la scabbia a forza di dormire in luoghi improbabili) era arrivato finalmente il nostro momento, poi però, quando l’apprezzamento diventò celebrazione, iniziammo a godere un po’ meno".

Non eravate fatti per quello... "Il pubblico era lì a far festa e non gliene fregava niente di come suonassimo. Così perdemmo i riferimenti e arrivarono prove come ‘Quello che non che non c’è’ e ‘Ballate per piccole iene’ che sono due dischi sull’accettazione della mediocrità, sul fallimento degli obiettivi. Ma anche una reazione ai fraintendimenti originati dall’ironia di certi nostri pezzi perché, anche se li amiamo molto, non volevamo essere Elio e le Storie Tese. Premesse che finirono col rendere quei due album i più cupi della nostra discografia assieme a ‘Folfiri e Folfox’".

Cosa accadde? "La produzione dell’ex leader degli Afghan Whigs, Greg Dulli, riuscì a toglierci la patina di provincialismo che qui in Italia ci portiamo addosso un po’ tutti, rendendo ‘Ballate per piccole iene’ un album così a fuoco da diventare la colonna portante per i nostri concerti del ventennio successivo. Facemmo 146 date in giro per il mondo, ma l’esperienza ci mise davanti alla domanda se volessimo rifare da capo la gavetta o concentrarci sull’Italia dove potevamo ormai permetterci qualsiasi cosa. Scegliemmo la seconda opzione".

Nel disco c’era pure “Carne fresca”, titolo poi trasformato in “Carne fresca: suoni del futuro” col pensiero all’iniziativa che tre volte alla settimana, nel suo locale milanese Germi, prova ad accendere una luce si quel che si muove di nuovo nella musica giovanile. Tant’è che ogni sera lo show degli Afterhours è aperto da un paio d’artisti proveniente da quel vivaio.

"Anche se non mancano le dovute eccezioni, da vent’anni la musica italiana è una me*da, una catena di montaggio ben oliata con pochi autori che tendono ad omologare il risultato artistico e favoriscono gli algoritmi che guidano gli ascolti. Ma esiste una nuova generazione di talenti lontana dall’idea del successo a tutti i costi, dall’omologazione, e dall’estetica dominante. Sono ragazzi che non suonano per i numeri, per la Ferrari o per la notorietà, ma per stare bene. Ed è a loro che intendiamo affidare il palco prima del nostro ingresso in scena".