Trent’anni di rabbia e ora il buio: "Con quel mostro è morta la verità"

Luigi Dainelli, zio delle bimbe e presidente delle vittime dei Georgofili: "Non parlerà più e c’è chi brinderà"

Trent’anni di rabbia e ora il buio: "Con quel mostro è morta la verità"

Trent’anni di rabbia e ora il buio: "Con quel mostro è morta la verità"

Risponde di primo mattino e anche se ripete "non me ne frega niente" si capisce che la notte è stata dura perché la scomparsa del boss Matteo Messina Denaro, arrestato il 16 gennaio scorso dopo 30 anni di latitanza, in qualche modo sancisce la chiusura di un percorso. Doloroso. "Però sono in macchina, ci possiamo sentire tra 15 minuti? Così arrivo a casa, mi concentro di più", chiede Luigi Dainelli, presidente dell’associazione delle vittime dei Georgofili.

I 15 minuti nel frattempo passano. "Sì, sono il presidente dell’associazione delle vittime dei Georgofili ma io oggi sono soprattutto il cognato di Fabrizio Nencioni e parlo in questa veste. Oggi è giusto così", precisa. Dainelli è il marito di Patrizia Nencioni, sorella di Fabrizio, 39 anni, l’ispettore dei vigili urbani inghiottito dal crollo della Torre dei Pulci, dove viveva con la moglie Angela Fiume, 36 anni, custode dell’Accademia dei Georgofili, e alle piccole Nadia, 9 anni, e Caterina - l’ultima nata, di meno di 50 giorni. Prima ancora delle domande, è lui a prendere la parola.

"La notizia della morte di Matteo Messina Denaro mi lascia con un doppio rammarico: lui se n’è andato senza parlare e oltretutto è riuscito a non scontare neanche un giorno di carcere duro. Non ho sentimenti ma una cosa la voglio dire: speravo vivesse altri 30 anni e che facesse dai 62 anni ai 92 in carcere. E invece niente...".

La domanda più banale: come sta?

"Come uno che adesso sa con certezza una cosa: sui Georgofili non sapremo mai la verità. E questo mi crea dispiacere. L’unico che poteva dire qualcosa era Matteo Messina Denaro".

Cosa sente oggi Nencioni per Matteo Messina Denaro?

"Non sento niente, la più totale indifferenza. Qualcuno usa espressioni come ‘odio’, io no. L’odio è un sentimento. E io non ho sentimento verso i mostri come Matteo Messina Denaro. L’unica parola che uso volentieri è proprio questa: mostro".

Cosa ha pensato appena ha saputo della morte del boss di Cosa Nostra?

"Me l’aspettavo. Dopo quel 16 gennaio sapevamo quali erano le sue condizioni di salute. Era un malato terminale. I malati terminali muoiono. È un epilogo scontato. Purtroppo, ripeto, non sapremo mai la verità. Il rammarico sarà quello, per sempre".

Lei ha sempre avuto tanti sospetti.

"Così come li hanno avuto i magistrati che hanno indagato sui Georgofili. Da malato terminale è stato preso. Viene da pensare".

Cosa?

"Solo lui sapeva la verità delle stragi. Io ho grande rispetto del lavoro delle forze dell’ordine però qualche pensiero ce l’ho. Si parla di una persona latitante da 30 anni, nel momento in cui sta per morire allora viene catturato. Ripeto, ho un pensiero poi ognuno può creare la propria versione dei fatti. Sono convinto che qualcuno avrà aperto una bella bottiglia di champagne".

Cosa intende?

"Qualche politico si è tolto un bel peso. Non c’è più Matteo Messina Denaro. Non c’è più la verità, il rischio che si possa sapere qualcosa in più, che questo qualcosa potesse magari coinvolgere politici importanti. Sì, qualcuno avrà brindato".

Niccolò Gramigni