LORENZO OTTANELLI
Cronaca

San Salvi, in scena l’uomo alienato: "Troppa tecnologia uccide il reale"

"Il dio delle blatte" lancia l’Estate dei Chille. Domani sera dalle 21 sul palco Gerri Cucinotta

Cosa succede quando un uomo si trova da solo in una casa invasa dagli scarafaggi? Le storie possono essere infinite e una di queste è ‘Il dio delle blatte’, che domani sera alle 21 andrà in scena a San Salvi come anteprima dell’Estate dei Chille. Il racconto è quello di un quarantenne che, nel pieno della sua vita, si trova a rifiutare il mondo che lo circonda. A portare il monologo in scena sarà Gerri Cucinotta (foto), in uno spettacolo scritto e diretto insieme a Davide Miccione, sulla scenografia di Daniela Cornelio.

Cucinotta, chi o cosa è ‘il dio delle blatte’?

"È una teologia che viene formulata dal personaggio in un momento di rifiuto della realtà. Quando l’abbiamo scritto volevamo rappresentare il tramonto dell’Occidente. Il tutto è nato da un fatto autobiografico. Qualche anno fa, infatti, ho comprato una casa, che ho scoperto poi essere invasa dalle blatte". Cos’è che disturba quest’uomo?

"È un po’ asociale e nevrotico. A inseguirlo è una domanda: ’perché un uomo a quarant’anni deve andare a vivere da solo?’. Su questa comincia a fare ragionamenti astrusi. Non è un caso, infatti, che il primo atto si apra in uno stile da stand up comedy, in uno spazio metafisico, mentre nel secondo atto, con un cambio scena, il personaggio arriva a teorizzare la sua teologia. In un momento di follia, certo, ma con un barlume di lucidità nel quale ha colto alcune dinamiche con cui non riesce a convivere".

Ad infastidirlo è anche la tecnologia?

"C’è un rifiuto totale della società e la risposta è radicale. È anche una critica all’efficientismo. E poi sì, c’è il tema della tecnologia, perché stiamo perdendo l’amore per gli oggetti: tutto avviene davanti a un monitor".

C’è anche una storia d’amore. "Sì, è centrale. Il personaggio ha avuto una storia importante, ma ormai è passata. E in un continuo tirarsi indietro si arriva all’epilogo".

Le blatte ricordano Kafka. La vostra compagnia è ‘Il castello di Sancio’. C’è qualcosa di Cervantes nel testo?

"Non ci vedo Kafka. Se vogliamo trovare un riferimento, direi Dostoevskij. In passato, invece, abbiamo lavorato molto su Cervantes. I suoi personaggi sono sempre estranei alla dimensione quotidiana. A pensarci, anche il nostro personaggio è un po’ così".