Cosa succede quando un uomo si trova da solo in una casa invasa dagli scarafaggi? Le storie possono essere infinite e una di queste è ‘Il dio delle blatte’, che domani sera alle 21 andrà in scena a San Salvi come anteprima dell’Estate dei Chille. Il racconto è quello di un quarantenne che, nel pieno della sua vita, si trova a rifiutare il mondo che lo circonda. A portare il monologo in scena sarà Gerri Cucinotta (foto), in uno spettacolo scritto e diretto insieme a Davide Miccione, sulla scenografia di Daniela Cornelio.
Cucinotta, chi o cosa è ‘il dio delle blatte’?
"È una teologia che viene formulata dal personaggio in un momento di rifiuto della realtà. Quando l’abbiamo scritto volevamo rappresentare il tramonto dell’Occidente. Il tutto è nato da un fatto autobiografico. Qualche anno fa, infatti, ho comprato una casa, che ho scoperto poi essere invasa dalle blatte". Cos’è che disturba quest’uomo?
"È un po’ asociale e nevrotico. A inseguirlo è una domanda: ’perché un uomo a quarant’anni deve andare a vivere da solo?’. Su questa comincia a fare ragionamenti astrusi. Non è un caso, infatti, che il primo atto si apra in uno stile da stand up comedy, in uno spazio metafisico, mentre nel secondo atto, con un cambio scena, il personaggio arriva a teorizzare la sua teologia. In un momento di follia, certo, ma con un barlume di lucidità nel quale ha colto alcune dinamiche con cui non riesce a convivere".
Ad infastidirlo è anche la tecnologia?
"C’è un rifiuto totale della società e la risposta è radicale. È anche una critica all’efficientismo. E poi sì, c’è il tema della tecnologia, perché stiamo perdendo l’amore per gli oggetti: tutto avviene davanti a un monitor".
C’è anche una storia d’amore. "Sì, è centrale. Il personaggio ha avuto una storia importante, ma ormai è passata. E in un continuo tirarsi indietro si arriva all’epilogo".
Le blatte ricordano Kafka. La vostra compagnia è ‘Il castello di Sancio’. C’è qualcosa di Cervantes nel testo?
"Non ci vedo Kafka. Se vogliamo trovare un riferimento, direi Dostoevskij. In passato, invece, abbiamo lavorato molto su Cervantes. I suoi personaggi sono sempre estranei alla dimensione quotidiana. A pensarci, anche il nostro personaggio è un po’ così".